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Scugnizzo Viola: “Brutti, sporchi e cattivi. Questa la nuova ricetta della felicità”

Lo Scugnizzo Viola

Scugnizzo Viola: “Brutti, sporchi e cattivi. Questa la nuova ricetta della felicità”

Francesco Pistola

4 Novembre · 12:18

Aggiornamento: 4 Novembre 2024 · 12:18

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E chi se ne frega se siamo brutti, sporchi e cattivi. L'importante era vincere e lo stiamo facendo finalmente da squadra

Il pensiero post gara dell’irriverente Scugnizzo Viola

Non importa se la Fiorentina vista a Torino non era bella o brillante. Quel che conta, oggi, sono i tre punti. Dopo anni di partite dominate per possesso palla e schemi impeccabili, finalmente i tifosi viola possono esultare per una vittoria ottenuta con sudore e concretezza. Palladino lo sa bene: meglio portare a casa il risultato così che perdere a testa alta per il bel gioco. I tempi dell’estetica fine a sé stessa sembrano lontani, e in fondo va bene così.

Dopo un inizio di campionato a dir poco incerto, con solo tre punti in quattro partite e una valanga di dubbi sul progetto tecnico, la Fiorentina ha trovato la svolta sul mercato. Gli ultimi arrivi, perfettamente funzionali alla visione tattica del mister, hanno innescato un ciclo positivo che sembra inarrestabile. Da quel momento, la squadra ha collezionato ben 19 punti in sette giornate, con numeri che fanno sognare i tifosi: due gol rifilati al Milan, sei al Lecce, cinque alla Roma, e un totale di sette vittorie consecutive, considerando anche la Conference League. Il secondo posto in classifica è un risultato insperato solo pochi mesi fa, e il Napoli capolista dista ormai appena tre punti.

Questo exploit, ottenuto nonostante le assenze per infortunio di Gudmundsson e Pongracic, parla di una Fiorentina che sa solo vincere e che si candida seriamente a lottare per i primissimi posti della classifica. Raffaele Palladino, dopo l’ottima esperienza a Monza, continua a sorprendere anche a Firenze, dove ha creato uno spogliatoio compatto e coeso. Non è il tipo di allenatore che impone tattiche a ogni costo, ma preferisce lavorare sull’armonia del gruppo. Le iniziali sconfitte e l’insistenza nel giocare con la difesa a tre hanno portato al confronto tra squadra e allenatore, un momento di crescita collettiva che ha cementato l’unione tra i giocatori. Da quel dialogo, e forse dalle prime batoste, è nata la Fiorentina di oggi, capace di vincere anche soffrendo.

Da grandi sconfitte, derivano grandi vittorie. Certo Zio Ben aveva detto ben altro a Peter, a me invece piace immaginarla così.

Palladino, con una nota di umiltà, ha recentemente dichiarato che potrebbe persino smettere di allenare i suoi ragazzi, tanto sono uniti e compatti. I numeri gli danno ragione: nove risultati utili consecutivi tra campionato e coppa, otto vittorie, sette delle quali di fila. Un ruolino di marcia che ricorda quello delle grandi squadre, e che è frutto di un gioco corale, a cui partecipano con impegno anche le seconde linee. Contro il Genoa, così come a Torino, la Fiorentina ha vinto con una prestazione sporca ma efficace, segno di una squadra che sa come gestire le difficoltà.

Certo, qualche ombra resta. Tra i cambi visti ieri, ad esempio, Kouamé appare sempre meno coinvolto. La sua generosità è indubbia, ma in questa Fiorentina serve di più: serve precisione, concretezza, come dimostrano alcune occasioni mancate e errori evitabili. Anche Biraghi, seppure con il suo ruolo da capitano, spesso trasmette insicurezza nei minuti finali, rendendo tesi gli ultimi scampoli di partita. D’altra parte, Mandragora è entrato bene, e recuperarlo pienamente potrebbe essere cruciale per il centrocampo viola. Ikoné, anche se non sempre efficace, almeno non induce insicurezza.

Se fossi il presidente, a gennaio punterei su un rinforzo per continuare a sognare. Venderei Biraghi e Kouamé e andrei a Sassuolo per Berardi. Non sarebbe male anche trovare un vice per Kean. Alcuni tifosi sperano nel ritorno di Cabral, ma forse è tempo di guardare avanti e cercare nuovi talenti.

Questa Fiorentina fa sognare e gode di uno stato di grazia che mancava da tempo. Alcuni uomini chiave sono determinanti: David De Gea, sicuro come i migliori portieri viola del passato; Kean, vero centravanti come non si vedeva dai tempi di Vlahovic; Gosens, leader dello spogliatoio che ha dato sicurezza anche a Ranieri; e Comuzzo, giovane divenuto pilastro della difesa.

Ma su tutti spicca Palladino, “l’uomo che sussurrava alla squadra”: ha dato serenità, carisma e motivazione. È il momento di sognare, di sperare, di tornare a contare. Perché è arrivato il tempo di godere, dopo tanti anni di sofferenza.

AVANTI FIORENTINA, CE MAGNAMME!

Lo scugnizzo viola

La Fiorentina non è seconda in classifica per colpa di un gol annullato al Venezia molto dubbio…

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