Parlando del grande apporto di Antonio Rosati, sia nello spogliatoio che in campo nella vittoria col Benevento in coppa Italia, Labaroviola ha contattato in esclusiva Roberto Rizzo, tecnico del Lecce Primavera ai tempi della militanza del portiere viola.
Buongiorno Roberto, che ricordi hai di Antonio Rosati giovane?
“Si vedeva che aveva doti non comuni. Nonostante la stazza era bravo ad andare a terra con velocità. La sua ambizione gli ha fatto scalare varie posizioni per affermarsi in A”.
Ti aspettavi di più da lui in carriera?
“Forse si, ma quello del portiere è il più difficile nel calcio. Certe volte si prendono strade che ti rallentano dell’ascesa o ti fanno spiccare il volo prima di altri”.
Oggi a Firenze si diletta ad imitare Adriano Celentano, che tipo era da giovane?
“Era un tipo burlone anche a vent’anni, ma già si intravedeva la grande cultura del lavoro, altrimenti non avrebbe fatto la prestazione col Benevento a quasi quarant’anni”.
A Lecce il ds era Corvino, qual’è il suo segreto coi giovani?
“Pantaleo è un grande nel vedere il giovane, ma soprattutto nel costruire un’area scouting completa e qualificata. A Lecce eravamo un’élite dai tecnici fino ai tutor. Vincere due titoli di campione d’Italiaa Lecce è una cosa incredibile, avevamo alcuni stranieri di grande qualità è vero (Ledesma, Chevanton, Vucinic, Bojinov) ma anchei migliori del panorama salentino”.
In quella squadra hai allenato Vucinic e Bojinov, chi era più forte?
“Due campioni, Mirko aveva una tecnica con pochi eguali nel mondo. La sia carriera parla per lui, dopo il Levce ha militato nella Roma che è più volte arrivata seconda solo all’Inter di Mancini e Mourinho. Poi alla Juve dove ha vinto lo scudetto di Conte. Valery invece fu un talento molto precoce, è un 86′ e giocava con gente più grande di 2-3 anni. Lui aveva una potenza in progressione ed un tiro che spaccava la porta. Chi dei due poteva fare di più? Direi che hanno dato quello che effettivamente avevano da dare. I giovani spesso hanno delle prospettive ma poi non tutte si rivelano. Comunque Bojinov poteva essere più di ciò che è stato”.
Marco Collini
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