Come scrive questa mattina il Corriere fiorentino, nulla è ancora deciso nel braccio di ferro con l’Europa per il Franchi, ma il governo non farà le barricate per salvare il finanziamento agli stadi. Difendendo da una parte l’impianto del Pnrr e facendo dall’altra alcune concessioni per andare incontro alle perplessità dell’Ue. E i restyling degli stadi di Firenze e Venezia sono le prime pedine di scambio indiziate per non rendere ancora più difficili le trattative con Bruxelles.
Il dato emerge con sempre maggior forza nel sottobosco delle discussioni vicine alla presidenza del Consiglio. Pubblicamente gli esponenti della maggioranza fanno muro sulle rimostranze dell’Ue riguardo ai finanziamenti del piano per le riqualificazioni degli stadi (per ultimo il ministro dello Sport Andrea Abodi, che ieri si è detto «a favore»). Ma si tratta per lo più di «difese d’ufficio», tanto per citare le parole di un esponente di Fratelli d’Italia.
L’esercizio di realismo che impone la situazione — con la spada di Damocle sulla terza tranche dei finanziamenti e con le perplessità di altri Paesi membri sulle finalità «non sociali» dei progetti veneziani e fiorentini — spinge l’esecutivo a trattare. Come sta già facendo per conto della premier Giorgia Meloni il ministro Raffaele Fitto. Le prime mosse sono state fatte sul fronte dei tempi e delle proroghe, ma la posta in gioco è così alta che nella trattativa dovranno entrare dei «sacrifici calcolati», come emergeva ieri mattina da chi è più vicino alla premier.
In questo senso Matteo Renzi ha servito un assist prezioso alla presidente del Consiglio: «Ho lanciato un appello a Giorgia Meloni e Dario Nardella — ha scritto Renzi nella sua e news —, mettere i soldi del Pnrr su uno stadio non ha senso. È un regalo agli euroscettici che dall’Olanda o dalla Germania potranno dire: perché con le nostre tasse dobbiamo pagare lo stadio della Fiorentina? Lo stadio si deve fare con i soldi dei privati».
Non è detto che le cose vadano in questo modo, anche perché a fronte del citato «sacrificio» potrebbe entrare una sorta di compensazione del governo, che potrebbe trovare risorse per coprire del tutto o in parte i 55 milioni di euro che Palazzo Vecchio aveva dato per scontati dopo l’ok del governo Draghi e dell’Ecofin.
Di certo la situazione si fa sempre più complessa per Firenze e per il sindaco Dario Nardella che pochi giorni fa annunciava l’avvio dei lavori, la chiusura per due anni del Franchi e il necessario trasloco della Fiorentina. Tutto si complica ora e tutto potrebbe cambiare sul fronte dei rapporti di forza tra Comune e Fiorentina che in vista della nuova convenzione dovranno tornare a sedersi a un tavolo.
Dopo il lungo comunicato tecnico diffuso nella serata di giovedì per rispondere ai rilievi sollevati da Bruxelles, Palazzo Vecchio ieri ha scelto di lavorare sottotraccia al fascicolo, con contatti che vanno da Roma alla Commissione europea. Nonostante ciò, intervenendo al convegno del Collegio dei Geometri per parlare del Piano Operativo il sindaco non è riuscito a trattenersi quando dalla platea in diversi hanno gridato: «E lo stadio?».
«Lo stadio si farà, io ho la testa dura: non mi fermano». Dichiarazione accolta dalla platea con un applauso. Così il sindaco uscendo dall’Auditorium dell’Innovation Center ha risposto ai cronisti. Il no di Italia Viva? «Anche loro hanno votato a favore»; il possibile sgambetto del governo? «Vedremo».
Oltre che in Regione —interrogazione del vicepresidente Stefano Scaramelli (Iv) — il caso sbarcherà presto anche in Parlamento europeo con una richiesta di chiarimenti di Daniela Rondinelli (Pd).
In soccorso della causa di Nardella anche il sindaco di Prato Matteo Biffoni (Pd): «Delle due l’una: o a Nardella dicevano fin dall’inizio che quei soldi non si potevano mettere sullo stadio, oppure non gli si dice più di no un anno dopo. Non si possono cambiare le carte in tavola». Più o meno simili le parole del ministro degli Esteri Antonio Tajani: «Stiamo trattando a livello europeo la questione del Pnrr. Poi è strano: avevano approvato tanti progetti, e adesso dicono che non vanno più bene. Lavoreremo anche su quello».
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