“Ero a Moena, aggregato con la prima squadra della Fiorentina per il ritiro estivo. Astori restava spesso e a lungo a parlare con i più giovani, ci dava consigli, era molto attento a noi. Mi disse tante cose, ma ne svelo solo una perché è la più simpatica.
Avevo qualche chilo in più, sono un mangione e non badavo più di tanto a certe questioni. Pensavo che bastasse far bene in campo per diventare un professionista. E invece Astori mi spiegò come a fare la differenza siano i dettagli. Da allora iniziai a curarmi sotto questo aspetto. Lo scorso anno ci siamo rivisti a Firenze per Fiorentina-Atalanta, venne da me e mi disse: “Bravo, ti sei tirato a lucido. Così si fa”. Sento ancora la sua voce, non riesco a credere che se ne sia andato”
Oggi lui, Gianluca Mancini, è il difensore italiano più ammirato, titolare al centro della difesa dell’Atalanta di Gasperini, sta segnando a ripetizione, anche più di suoi colleghi che giocano in attacco.
Il suo racconto di quei giorni a Moena fa pensare. Sia sul fatto di come la società viola si sia fatta scappare un talento di questo calibro, nato e cresciuto nella Fiorentina, adesso è un patrimonio di una società rivale. L’altro aspetto è di come Davide Astori si prendeva cura dei più giovani talenti viola, un grande esempio che non dobbiamo mai disperdere. Modello da seguire come capitano e come uomo in una squadra di calcio.
Flavio Ognissanti