
Quattro giorni per decidere il futuro della Fiorentina. Inteso come campo di gioco, al netto di quello che sarà della ristrutturazione (o ricostruzione) dello stadio ’Franchi’. Risorse complete o meno; ma questa è tutta un’altra storia ancora da scrivere. I fatti. Entro il 30 aprile la società viola dovrà comunicare alla Figc l’impianto dove i viola giocheranno la prossima stagione. Dead line improrogabile, considerato che la Federazione dovrà poi informare l’Uefa della ’scelta’ fatta dal club di Commisso. Se non dovesse arrivare la comunicazione, la Fiorentina potrebbe perdere la licenza Uefa, con conseguenze facilmente immaginabili. Ma quale sarebbe lo scoglio da superare? La firma sulla convenzione tra Palazzo Vecchio e il club che al momento non è ancora arrivata, nonostante, e qui si entra nel campo delle indiscrezioni, ci sia un accordo di massima tra le parti. L’ultimo contatto tra l’amministrazione comunale e la Fiorentina risale a sabato scorso. La conferma è arrivata alla vigilia della sfida contro il Monza dal direttore generale Joe Barone che ai microfoni di Dazn ha spiegato come il Comune farà «di tutto per trovare i 55 milioni che servono per il progetto stadio». Nel corso dell’incontro, pare, che si sia parlato della convenzione per l’affitto del Franchi, della durata della concessione. Cifre e tempi che restano al momento riservate, ma sulle quali si è trovata la quadra con reciproca soddisfazione. Le due parti si sono lasciate con la ’promessa’ di mettere nero su bianco al più presto, con documentazione da visionare nel pomeriggio (il colloquio pare si andato in scena la mattina). Al momento, però, sulla scrivania della Fiorentina non è arrivata alcuna documentazione.
Complice, probabilmente, il periodo di festa. Ma il tempo scorre inesorabile e al momento tutto resta sospeso con qualche apprensione. Dal comune si professa tranquillità e quindi il club viola attende fiducioso. Magari potrebbe essere lo stesso Commisso, dato in arrivo in queste ore, a vergare l’accordo. A proposito di presidenti. Ha fatto eco in Polonia la dichiarazione di Karol Klimczak, numero uno del Lech, che si è detto stupefatto di come in uno stadio, considerato monumento nazionale ci siano simboli che ricordano il nazismo (le sbarre a protezione della vetrate dell’ingresso monumentale). Difficile dargli torto. Lo scrive La Nazione.