Intervenuto ai microfoni de Il Tirreno, l’esterno della Fiorentina, Jonathan Ikonè, si è così raccontato a 360 gradi, partendo dal suo idolo d’infanzia: “Da piccolino, ho cercato di ispirarmi a tanti simboli del pallone. Mi piaceva tantissimo Robinho, di cui ho osservato a lungo i movimenti, o anche Ronaldinho. Nel calcio, però, non si finisce mai di imparare. Tra i giocatori ancora in attività mi sento di nominare Di Maria”.
Ikoné ha così parlato anche della possibilità di vincere un trofeo in questa stagione: “Voglio vincere. Dobbiamo dare il massimo, senza pensare a nulla, solo a macinare successi. Sì, sono pronto a sollevare un trofeo. So che sono tanti anni che Firenze non festeggia qualcosa, proviamo a fare la storia”.
Poi ha proseguito parlando della gara a San Siro contro l’Inter: “Domani spero solo che la squadra possa essere protagonista di una bellissima gara. Intanto concentriamoci sul gioco, poi vedremo chi segnerà. Non conta il bene di un singolo, ma quello del gruppo. La felicità è un pianeta condiviso. Il gol più bello che ho segnato con questa maglia è sicuramente quello ai nerazzurri. Adesso stiamo vivendo un discreto momento, è innegabile e proprio per questo dobbiamo guardare avanti, anche dimenticando quello che è stato. La storia la si costruisce col presente: non dobbiamo rimuovere la lezione imparata dagli errori, ma è fondamentale proiettarci oltre. Saponara è uno dei calciatori più tecnici che io abbia mai visto. Brekalo è molto veloce e Nico quando spinge sulla fascia non ce ne è per nessuno. Spero di sollevare un trofeo qua a Firenze. Io e i miei compagni siamo pronti a farci interpreti della storia”.
Infine, sulle critiche: “Nessun male. Ho sempre guardato avanti, scrollandomi di dosso tutto, pensando solo a mettere in luce le mie qualità. Le critiche, comunque, sono indice d’amore. C’è chi evidenzia i tuoi lati positivi e chi, invece, mette in luce i tuoi nervi scoperti. Il calcio è anche questo, giocatori che vengono criticati se non fanno bene o, al contrario, che vengono esaltati dopo prestazioni importanti. Sarebbe giusto trovare sempre la via di mezzo, ma non mi lamento. Piuttosto, sono dell’idea che sia tutto l’ambiente intorno a fare la differenza. Penso, per esempio, alla serenità che può avere un giocatore grazie anche alla sua famiglia: ecco, è questo il valore aggiunto, che ti permette di rendere al massimo in campo”.
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