La presentazione del progetto definitivo nell’ottobre 2020, la prima simbolica pietra posata nel febbraio 2021 e un’inaugurazione che da agosto 2022, data originariamente prevista, è slittata prima a marzo 2023 poi all’estate, senza però avere a tutt’oggi un quadro preciso e delineato di quando il centro sportivo viola sarà realmente operativo. I ritardi sul cronoprogramma per l’apertura del Viola Park stanno agitando e non poco il presidente della Fiorentina Rocco Commisso, visibilmente deluso e contrariato da tutta una serie di intoppi che hanno reso il suo gioiello lontano dall’idea di “fast fast” che aveva accompagnato ogni sua dichiarazione.
Commisso, fin dal suo arrivo in Italia nel giugno 2019, aveva fatto del centro sportivo la rappresentazione migliore del suo motto e in pochissimo tempo era riuscito a ottenere i permessi necessari. Merito anche del sindaco di Bagno a Ripoli Francesco Casini, abile a proporre nel proprio comune la sede giusta per un’opera che la Fiorentina non aveva mai avuto: nell’ottobre 2019, a soli quattro mesi dal suo insediamento, Commisso aveva completato l’acquisto di tutti i 25 ettari di terreni necessari alla costruzione del Viola Park, con tanto di sgombero delle aree occupate e nel novembre 2019 illustrò il progetto preliminare, insieme all’architetto Marco Casamonti.
L’idea era quella di partire con i lavori nel 2020 e di terminare tutto in 18
mesi. L’avvento della pandemia e il mondo bloccato dal Covid segnarono però il primo ritardo. Poco male, un anno dopo, nell’ottobre 2020, il Viola Park fu nuovamente presentato alla stampa, ma stavolta con il progetto definitivo. Dieci campi, due mini stadi da 1.500 posti, la foresteria per dell’opera sarebbe stato di 60 milioni, che i lavori sarebbero partiti nel gennaio 2021 e terminati entro l’anno, al massimo nei primi mesi di quello successivo. E così effettivamente la prima pietra fu posta nel febbraio 2021: il numero uno viola piantò un olivo pluricentenario come segno di un percorso destinato a non avere ostacoli e a regalare in un anno e mezzo la nuova casa alla Fiorentina. Neppure il ricorso di Italia Nostra, con richiesta cautelare sospensiva dichiarata inammissibile dal Tar, fermò lo stato dell’arte e il traguardo di agosto 2022 sembrava sempre più possibile.
Il nuovo stop però fu dato da un altro evento non preventivabile, la guerra in Ucraina: l’acciaio scelto per il centro sportivo proveniva proprio da Mariupol e i prezzi dei materiali iniziarono a salire vertiginosamente, causando un aumento dei costi. Dai 60 milioni inizialmente previsti, Commisso ha dovuto sborsare più di 110 milioni, quasi il doppio, con la cifra destinata ancora a salire. Ha provato, pagando di tasca sua direttamente le ditte, ad anticipare l’arrivo dei materiali ma quello che sembrava un ritardo apparentemente fisiologico post guerra ha iniziato a essere sempre più strutturale.
Niente inaugurazione nel 2022, speranza per i primi mesi del 2023, andata poi persa anche quella. Al suo ritorno in Italia dopo le vacanze di Natale Commisso ha constatato che i lavori procedono a rilento e ha espresso tutta la propria delusione: «Speriamo sia pronto almeno per l’estate», ha confessato, infastidito con l’organizzazione del lavoro e con le ditte che si sono aggiudicate gli appalti. Nessuna tensione né con l’architetto Casamonti, né col costruttore Nigro. La Fiorentina aveva poi deciso di rompere il rapporto decennale con Moena per spostare il ritiro estivo proprio a Bagno a Ripoli: un modo per unire gli allenamenti con la possibilità per i tifosi di visitare e godere del nuovo centro sportivo. I ritardi e una data ancora non certa stanno costringendo i dirigenti a un piano B, probabilmente l’Amiata. Lo scrive Repubblica.