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“Vinceremo il tricolor”: come ti anestetizzo l’entusiasmo, ma Firenze merita di sognare
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“Vinceremo il tricolor”: come ti anestetizzo l’entusiasmo, ma Firenze merita di sognare

Paolo Lazzari

8 Agosto · 13:59

Aggiornamento: 8 Agosto 2016 · 14:07

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“Vinceremo il tricolor”: questo il grido, sarcastico come soltanto il tifo viola sa essere, che proveniva dalla gente andata ad assistere a Fiorentina-Schalke 04, ieri. Perché di fronte all’ennesima delusione di questo precampionato è sempre meglio provare a sorridere, anziché buttarla in lacrime. Nove goal incassati e due fatti nelle ultime quattro uscite, tutte terminate con una sconfitta. E sabato c’è il Valencia al Mestalla: non una passeggiata di salute. E che differenza rispetto ad un anno fa, quando la Viola faceva brillare occhi e sussultare petti, archiviando con disinvoltura inattesa squadroni come Chelsea e Barcellona.

Oggi, invece, il sentimento dominante sembra l’apatia. L’entusiasmo di Sousa è in caduta veriticale da quando gli hanno fatto sapere che dovrà occuparsi soltanto del campo. Troppo per un allenatore nato per fare il manager, specialmente se aspetti un centrale che sia uno dallo scorso gennaio. Lo spogliatoio resta unito dal gruppo storico, ma in questi giorni le voci di mercato destabilizzano non poco: servirebbe una voce, dalla società, che mettesse in chiaro che i vari Borja, Kalinic e Badelj non si vendono tutti insieme e che, se partono, sapranno essere rimpiazzati. L’ambiente dei tifosi, pure, è scarico: nessun acquisto che non sia di prospettiva, ergo nessuna attuale evoluzione nella qualità tecnica della rosa. Mancano un terzino sinistro e due centrali.

Servirebbe una riflessione anche sul terzino destro, visto che Diks deve ancora dimostrare tutto e Tomovic ha limiti fin troppo noti. Ma il tempo è tiranno: tra 12 giorni c’è una Juve galattica, allo stadium. Una squadra pronta a fagocitarsi l’ennesimo campionato: l’orgoglio, da solo, potrebbe non bastare. Serve un’iniezione di entusiasmo, in dosi elefantiache, per dare l’elettroshock ad una piazza intera, perché i sogni non possono essere anestetizzati.

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