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Svolta storica per le ragazze del calcio, il governo le ha rese professioniste, come gli uomini. Ecco la manovra di legge
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Svolta storica per le ragazze del calcio, il governo le ha rese professioniste, come gli uomini. Ecco la manovra di legge

Redazione

11 Dicembre · 18:47

Aggiornamento: 11 Dicembre 2019 · 18:47

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La commissione Bilancio del Senato ha approvato un emendamento alla manovra che equipara le donne ai colleghi maschi, estendendo le tutele previste dalla legge sulle prestazioni di lavoro sportivo, e per promuovere il professionismo nello sport femminile introduce un esonero contributivo al 100% per tre anni per le società sportive femminili che stipulano con le atlete contratti di lavoro sportivo.
È un gol importante per le calciatrici, naturalmente, ma anche per tutte le altre atlete italiane, cui la vetusta legge 91/1981 fino a oggi non ha concesso lo status di professioniste.

Entrando nella legge di Stabilità, l’emendamento fa fare un passo avanti decisivo alla battaglia delle ragazze e spoglia degli alibi le società, che ottengono uno scivolo di tre anni per il pagamento dei contributi: opporsi ancora al professionismo, da questo momento, diventa un atteggiamento davvero impopolare. Ma un passo ulteriore dovranno farlo le singole Federazioni sportive, deliberando in consiglio per le loro tesserate lo status giuridico. Sono passaggi tecnici e formali determinanti perché la legge, una volta che verrà approvata dal governo, non resti lettera morta.

L’emendamento con cui Palazzo Chigi ha aperto al professionismo femminile riguarda i quattro grandi sport di squadra: calcio, basket, volley e rugby. Venti milioni stanziati per i prossimi tre anni (4 per il 2020, 8 per il 2021 e 2022), contributi a carico dello Stato fino a un massimo di 8 mila euro a stagione (pari a un lordo di 30 mila, il tetto massimo degli stipendi in Italia). «Un passo storico e rivoluzionario — sottolinea Katia Serra, responsabile per il calcio donne dell’Assocalciatori —, che risolverebbe il problema della sostenibilità nei grandi sport di squadra. Ora tocca alle singole federazioni a deliberare il professionismo. Faccio fatica a immaginare, se l’emendamento dovesse passare, a quale altro alibi i presidenti dei club potrebbero appigliarsi».

Corriere.it

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