German Pezzella ha parlato al Corriere dello Sport, queste le sue parole:
“L’affetto dei tifosi nell’allenamento è stato un momento molto positivo, perché in momenti tanto delicati c’è bisogno dell’apporto di tutti. Se la gente è dalla nostra parte, passatemi il termine, per tutti noi che scendiamo in campo è “più facile” lottare. E’ stato un modo ulteriore, il loro, per metterci di fronte alle responsabilità che noi giocatori abbiamo. A volte quando tutto ti rema contro è più difficile reagire, ma questo calore che abbiamo respirato, anche nel primo allenamento dell’anno a porte aperte ha lasciato il segno»
Qualcosa è successo per forza: è incredibile pensare che da novembre siano arrivati appena due punti.
«A volte, quando tutto ti va contro, quando ogni cosa che succede è uno schiaff o continuo, diventa difficile anche trovare la chiave per contrattaccare. Che poi è esattamente quello che è successo alla Fiorentina in questa parte di stagione».
Nel mezzo, oltre alle continue sconfitte, è arrivato anche il cambio in panchina: da Montella a Iachini.
«E specie quando si cambia in corsa, si deve essere lesti a capire subito cosa chiede il nuovo tecnico, perché nessuno è uguale al predecessore. Ci sono stati tanti fattori che hanno influenzato questa primi mesi della stagione. Fino alla seconda giornata, la squadra non era al completo: venivamo da un cambio di proprietà e per queste cose serve tempo, anche se nel calcio non ce n’è mai abbastanza. Poi siamo riusciti a trovare un certo equilibrio in campo, quando siamo riusciti a mettere insieme sei risultati utili consecutivi, di cui tre vittorie (contro Sampdoria, Milan e Udinese, ndr). C’erano le prestazioni, con una squadra per lo più abituata a proporsi attraverso un modulo. Abbiamo perso con la Lazio, ma subito dopo vinto a Reggio Emilia col Sassuolo e pareggiato col Parma. Dopo di che, poi, la discesa si è fatta ripidissima. Il nostro unico pensiero, ogni partita, è sempre stato lo stesso: risaliamo subito. Ed è stato in quei momenti che ci siamo resi conto che invece c’era sempre qualcosa dietro l’angolo pronto a creare nuove difficoltà».
Il primo ko è stato quello di Cagliari, pesantissimo per altro.
«Abbiamo perso male, molto male, con un approccio non giusto da parte nostra. Il problema è che poi gli schiaffi si sono moltiplicati, uno dietro l’altro, complicatissimi da evitare e respingere. Chiesa che si è trovato frenato da fastidi fisici, Badelj costretto a stringere i denti
per scendere in campo la domenica dopo aver sofferto di problemi durante la settimana, io che a Verona fi nisco fuori causa dopo due minuti di gioco. Ribery che, dopo essere rientrato dalla squalifica, col Lecce si infortuna e perdiamo pure lui. Onestamente non è stato semplice, ma da tutto questo chiunque di noi ha imparato».
Che cosa?
«Che essere giovani non è un alibi per nessuno, che è giusto che i “vecchi” si prendano le responsabilità, ma che a fare la differenza sono i dettagli, quindi anche chi si trova a dover sostituire l’assente deve dare il massimo. Il segnale di ripartenza lo vedo ora in tutti i miei compagni, non solo in me, Boateng, Ribery o Chiesa. C’è in Terzic e pure in Zurkowski. Ciascuno sa bene il signifi cato della parola “rispetto”, che non significa non fare casino, ma correre anche per chi non può. Chiesa è rimasto a lavorare a Firenze durante la sosta natalizia del campionato per farsi trovare pronto: lo ha fatto per tutti noi, esattamente come lo ha fatto Benassi che si era fermato prima della gara contro la Roma. E che dire di Ribery? E’ qui ogni giorno, lo vediamo arrivare in stampelle. Per questo dobbiamo correre al 300%, perché la stessa responsabilità che ci mette Franck è la nostra. Sono questi i particolari che ti segnano e ti fanno ben sperare e noi abbiamo imparato a riconoscerli».
Qual è la prima impressione ricevuta da Beppe Iachini?
«Quel senso di cattiveria sportiva che fin da subito, dal primo colloquio telefonico che ho avuto con lui, non appena è stato formalizzato l’ingaggio, ha manifestato e trasmesso. Ho capito subito che cosa volesse e siamo pronti ad accontentarlo, a rinascere nel segno della sua impronta. Quando si cambia in corsa, non c’è tempo da perdere: bisogna trovare subito la quadratura del cerchio ed è su questo che stiamo lavorando, con attenzione e impegno».