Nel mensile Il Guerin Sportivo alla sezione “La grande storia del calcio italiano 1979-1980“ vi è un trafiletto dedicato a Giancarlo Antognoni, eccolo in integrale:
Il Top di putto e di piu’
Non ha certo giovato, a Giancarlo Antognoni, l’etichetta di “nuovo Rivera” affibbiatagli in giovanissima età. In effetti, quando apparve all’orizzonte del calcio italiano, la morbidezza del tocco e l’armonia dei movimenti sembravano avvicinarlo al grande Gianni, allora nel pieno della maturità. Il ragazzo, nato a Marsciano, in provincia di Perugia, il primo aprile del 1954, aveva appena diciotto anni e spopolava in Serie D, nell’Astimacobi.
A scommettere su di lui fu Carlo Montanari, direttore sportivo della Fiorentina, che non si spaventò di fronte a una richiesta faraonica per quel talento unico (tra comproprietà e riscatto, una cifra vicina ai 400 milioni). Non appena mise piede in Serie A con la maglia viola, in quello stesso anno 1972, il ragazzo incantò per stile innato, facilità di passaggio e potenza di tiro, espressi da un fisico agile e atletico. Quando poi Fulvio Bernardini, due anni dopo, decise di farlo esordire in Nazionale addirittura nell’impegno subito decisivo, contro la grande Olanda a Rotterdam per le qualificazioni agli Europei, l’effetto fu addirittura clamoroso, grazie alla disinvoltura con cui il ragazzo si calò nella parte, orchestrando il gioco della squadra nel primo tempo fino a prevalere nettamente sui più titolati avversari. Poi gli arancioni di Cruijff, complice un arbitraggio maligno, rovesciarono la frittata e anche i panni del giovane leader di centrocampo stinsero in fretta già nei mesi successivi, fino a trasformarlo in un enigma.
Eroe a Firenze, punto interrogativo fuori. E oggetto di perenni discussioni. Non è un regista, piuttosto un rifinitore. Macchè, andrebbe confinato all’ala per rendere al meglio. In fondo, è un attaccante mancato; no, è un regista mancato. E via esecrando e brontolando, mentre il ragazzo col giglio sul petto si confermava via via un ottimo interno, frenato nell’ultima stagione da problemi fisici. In questo campionato, il suo rendimento svetta, trascinando una Fiorentina piuttosto moscia e confermandosi in azzurro. Mentre ancora scrosciano gli applausi per la sua prova contro la Svizzera il 17 novembre 1979 lui si prende una piccola rivincita su chi non credeva ai suoi problemi: “Da qualche tempo calzo una soletta provvidenziale: non mi fa più sentire il dolore al tallone che era la mia croce l’anno scorso; adesso posso correre e calciare liberamente, cosa che non facevo da troppo tempo. Se gioco bene è tutto merito della soletta”. Forse nell’ultima sottolineatura non manca una venatura ironica, ma non c’è dubbio che a ventisei anni il “putto di Firenze”, come i maligni l’hanno soprannominato per confinarlo a lezioso quanto inutile soprammobile del gioco, esce dal bozzolo, con otto reti si conferma eccellente realizzatore e giocatore di qualità assoluta.
Un campione a tutto tondo destinato tuttavia a riscuotere consensi (Firenze a parte) più all’estero che in patria.