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Miccoli deve andare in carcere, condannato a 3 anni per estorsione mafiosa a Palermo
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Miccoli deve andare in carcere, condannato a 3 anni per estorsione mafiosa a Palermo

Redazione

24 Novembre · 00:10

Aggiornamento: 24 Novembre 2021 · 00:10

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Diventa definitiva la condanna di Fabrizio Miccoli, l’ex capitano del Palermo che, come ha stabilito la seconda sezione della Cassazione, dovrà scontare la condanna a tre anni e sei mesi: secondo la giustizia, Miccoli commissionò un’estorsione aggravata dal metodo mafioso a Mauro Lauricella, figlio del boss della Kalsa Antonino “u scintilluni”, già condannato a sua volta in via definitiva a 7 anni di carcere. Accolta dunque la richiesta del sostituto procuratore generale della Suprema Corte, Fulvio Baldi, di rigettare il ricorso di Miccoli.

Sono ore drammatiche per il giocatore che vestì anche per 10 volte la maglia azzurra: insieme ai propri legali, dovrà decidere dove costituirsi per iniziare a scontare la pena. Quasi sicuramente, Miccoli, che oggi era a Roma per l’udienza in Cassazione, chiederà appena possibile al Tribunale di Sorveglianza l’applicazione di misure alternative, ma è inevitabile un passaggio in carcere, la cui durata è in questo momento impossibile ipotizzare.

La vicenda giudiziaria nasce dal tentativo di Miccoli di recuperare 12.000 euro, con violenza e minacce, dall’ex titolare della discoteca “Paparazzi” di Isola delle Femmine, Andrea Graffagnini. L’episodio risale a più di 10 anni fa e fece scalpore perché Miccoli e “Scintilla” parlavano nelle intercettazioni del giudice Giovanni Falcone come di un “fango”. Frasi per le quali l’ex capitano rosanero si scusò poi pubblicamente.

Il calciatore era stato condannato sin dal primo grado, celebrato con il rito abbreviato. Una sentenza che ha retto in tutti i gradi di giudizio, anche se Miccoli ha sempre escluso di sapere che l’amico Lauricella fosse imparentato con dei mafiosi. Il verdetto definitivo è arrivato paradossalmente dopo quello emesso con il rito ordinario per l’altro imputato. Peraltro per Miccoli la Procura aveva chiesto per ben due volte l’archiviazione, prima che si arrivasse all’imputazione coatta, disposta dall’allora gip Ferdinando Sestito. Lo riporta Gazzetta.it

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