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Mazzata Milan, la Uefa ha bocciato il suo piano economico. Fuori dall’Europa ipotesi ad un passo
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Mazzata Milan, la Uefa ha bocciato il suo piano economico. Fuori dall’Europa ipotesi ad un passo

Redazione

7 Dicembre · 13:44

Aggiornamento: 7 Dicembre 2017 · 13:44

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La commissione del fair play Uefa boccia il voluntary agreement richiesto dal Milan. La riunione è in programma domani a Nyon ma diverse fonti, consultate dalla Gazzetta, sono concordi: l’Uefa dirà no. Questo ha due effetti. Sul piano dell’immagine il diniego del massimo organismo europeo è uno schiaffo pesante, perché evidentemente l’Uefa non ha dato credito al piano di sviluppo e risanamento presentato dal management rossonero e all’affidabilità e consistenza patrimoniale della proprietà cinese. Sul piano pratico il no al voluntary presuppone che il Milan sarà sottoposto a delle sanzioni, in vista di un’eventuale partecipazione alle coppe europee: la quantificazione delle stesse verrà decisa in primavera.

Era la prima volta che una società chiedeva l’adesione al voluntary agreement, recente novità dell’Uefa in tema di fair play finanziario, riservata ai club con nuovi azionisti di maggioranza. In sostanza, un club fuori dai vincoli del fair play (su tutti quello del break even, cioè un deficit massimo consentito di 30 milioni negli ultimi tre anni) chiede all’Uefa un’apertura di credito e, quindi, una moratoria su sanzioni/limitazioni presentando un business plan pluriennale con l’impegno a rientrare nei parametri e l’illustrazione dei dettagli sulle voci di ricavi e costi in grado di riequilibrare la gestione economica. Per il Milan, che nell’ultimo triennio ha perso 255 milioni (al lordo delle spese «virtuose» scomputate dall’Uefa) si trattava di una montagna dura da scalare.

L’a.d. Fassone e il suo staff hanno prodotto un documento di 150 pagine discutendolo a novembre a Nyon davanti alla commissione presieduta dall’ex primo ministro belga Yves Leterme. In realtà il Milan ci aveva già provato a giugno, poco dopo il passaggio di quote da Fininvest a Li Yonghong, ma i ricavi commerciali attesi dal mercato cinese (oltre 200 milioni annui a regime, nel 2021) erano decisamente fuori mercato, le informazioni sull’assetto azionario scarne e la stessa Uefa aveva invitato i rossoneri a ritirare il piano, emendarlo e ripresentarlo in autunno. Così è stato. I commissari hanno espresso apprezzamento per il lavoro di analisi – i ricavi dalla Cina sono stati ridimensionati a 30-40 milioni nel 2018, comunque elevati – ma hanno chiesto un supplemento di informazioni. I nodi? Oltre alle permanenti incertezze su Li Yonghong, il rifinanziamento del debito con Elliott in discussione. Il Milan sperava di ottenere un sì condizionato a dei covenant (paletti), ma l’Uefa avrebbe preteso la chiusura del rifinanziamento (tuttora in trattative), anche perché è un’operazione che lega a doppio filo la società e la proprietà (Elliott ha prestato 123 milioni al club e 180 a Li, da rimborsare con gli interessi a ottobre).

Egoisticamente, l’Uefa avrebbe solo da guadagnare da un Milan nelle coppe europee: il brand rossonero, nonostante l’appannamento degli ultimi tempi, resta uno dei più riconoscibili su scala internazionale, per di più associato storicamente alla Champions/Coppa dei Campioni. Ma un conto sono le opportunità politiche, un altro le regole. Il voluntary agreement, proprio perché concede un congelamento delle sanzioni, deve rispondere a parametri molto rigidi: non basta fare previsioni sulle voci di bilancio, bisogna anche dare prova della loro fattibilità. E, visto che si parla di una concessione a un club in rosso, la copertura delle perdite va assicurata con una visibilità della consistenza patrimoniale degli azionisti, perché ne va della continuità aziendale della squadra stessa.

Il nuovo business plan del Milan prevedeva scenari prudenti e differenti ipotesi di ricavi, ma evidentemente le informazioni fornite non sono bastate, perché ha pesato in maniera negativa il contesto di incertezza che avvolge l’intera operazione rossonera firmata da Li Yonghong, uomo d’affari su cui in Cina si sa poco o nulla e che recentemente è finito nel mirino del New York Times, in particolare per la misteriosa miniera di fosforo. L’appesantimento del bilancio 2017-18 (e di quelli successivi) per via della sontuosa campagna acquisti dell’estate ha aggiunto un ulteriore elemento alle valutazioni di Nyon.

E adesso cosa succede?

Niente moratoria, il Milan verrà sanzionato dall’Uefa. Ma sull’entità della pena è presto per sbilanciarsi. La fotografia attuale induce a ritenere che il club rossonero potrebbe avere qualche difficoltà a rientrare nei requisiti richiesti per il settlement agreement, cioè il patteggiamento a cui sono state sottoposte già Inter e Roma. Ma l’Uefa esaminerà il caso più avanti. In teoria, chi non rispetta i vincoli del fair play Uefa rischia una serie di conseguenze che vanno dalle multe all’esclusione dalle coppe. Il settlement agreement prevede delle sanzioni calmierate in termini, per esempio, di limitazioni alle rose e alle spese sul mercato e impone obiettivi di bilancio specifici. Siamo pur sempre in un campo sanzionatorio, alternativo appunto al voluntary agreement su cui il Milan sperava per dare seguito al progetto di Li Yonghong. La bocciatura dell’Uefa rende ancor più complicata e tortuosa la strada intrapresa la scorsa primavera dalla nuova proprietà, già reduce dalle difficoltà di un’acquisizione a rate e costellata da ritardi, salvata solo grazie al maxi-prestito del fondo speculativo Elliott.

Gazzetta.it

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