L’ultima conferma l’abbiamo avuta ieri sera da una fonte autorevolissima: «Sì, di questo sono certo: il no allo Stadio indurrà Jim Pallotta a mollare la Roma». Le due notizie, sia il no allo stadio da parte della giunta Raggi, che il conseguente abbandono degli americani, che avevamo anticipato sull’Unità del 10 agosto scorso, tornano al centro dell’interesse sia per i rumors delle radio e dei giornali specializzati, sia perché l’assessore all’urbanistica, Paolo Berdini, acerrimo nemico dello Stadio, ha sostanzialmente ribadito il suo no. È una scelta tutta politica, come quella sulle Olimpiadi che non c’entra nulla, come vedremo tra poco, con il merito. Anche in questo caso, serve solo a salvaguardare l’integrità del movimento, che resta unito solo nella logica del no, che conduce a escludere il dialogo con le forze produttive della città, nella retorica dei duri e puri.
Nel caso in questione il no allo stadio, motivato con l’eccesso di cubature, è in realtà un favore enorme a Caltagirone inferocito perché lo Stadio dovrebbe costruirlo il suo acerrimo nemico Parnasi. E tanti saluti alla balla della lotta ai poteri forti. Vediamo di cosa stiamo parlando. Uno stadio da 52.000 posti (12% delle cubature previste), lo skyline che si ispira al Colosseo disegnato dall’archistar Dan Meis, un centro di allenamento, il Superstore e il Museo della Roma, tre torri disegnate da Libeskind (8%) dove troveranno posto uffici, ristoranti, negozi, bar. Il tutto dentro un grande parco pubblico (54%). Nel complesso il 78% dei volumi destinato a uso pubblico. È un investimento complessivo di circa 1 miliardo di euro, tutto a carico dei privati, comprese tutte le infrastrutture necessarie. Tra fase di costruzione, addetti allo stadio e alle strutture commerciali connesse vale circa ventimila posti di lavoro.
Il Campidoglio ha già votato l’interesse pubblico dell’opera che può così rientrare nei parametri della legge sugli stadi che consente procedure più veloci e talune, limitate, varianti urbanistiche. L’area indicata è quella di Tor Di Valle, dove sorgeva l’Ippodromo, di proprietà del costruttore Luca Parnasi che edificherà lo Stadio. Ricevuti tutti i documenti dal comune, l’assessore all’urbanistica della regione, Michele Civita, ha convocato la conferenza dei servizi dove l’assessore all’urbanistica della giunta Raggi ha iniziato una sorta di guerriglia procedurale pur sapendo benissimo che in quella sede posso essere apportate solo limitate variazioni al progetto.
In sostanza, se il Comune vuol bloccare la costruzione dello stadio ha una sola possibilità: non votare in aula lavariante urbanistica o ritirare, con una nuova delibera, la concessione del pubblico interesse all’opera. È quanto sembrano adombrare le dichiarazioni rese al manifesto da Berdini: «L’aula capitolina dovrà confermare l’interesse pubblico a costruire un milione di metri cubi di cemento che in realtà è nell’interesse degli operatori che propongono l’impianto. Sarebbe meglio tornare a prevedere la realizzazione solo e soltanto di uno stadio». Ancor più che sulle Olimpiadi, si contraddice così il principio di continuità amministrativa e certamente a questo farà appello la Roma che sta preparando una richiesta di risarcimento milionario dal momento che, in seguito alla concessione del pubblico interesse dell’opera, sono stati già spesi milioni di euro.
La conseguenza più importante e drammatica per la Roma e i suoi tifosi sarà, come dicevamo all’inizio, l’abbandono di Jim Pallotta e dei suoi soci americani. Ciò è confermato anche dal fatto che, smentendo la notizia di essere alla ricerca di soci per la proprietà, Trigoria ha invece confermato di essere alla ricerca di investitori per il progetto Stadio, confermandone così la centralità strategica. Del resto, Pallotta non è un emiro, né un petroliere: è un businessman dalla spalle solide, abituato a investire nello sport per averne ritorni economici. Nella sua strategia lo Stadio, con tutto ciò che comporta in termini di sviluppo commerciale e del brand, è essenziale. L’assenza degli attesi risultati sportivi può essere sopportata solo se va avanti un progetto di lungo respiro che si fonda sullo Stadio di proprietà. Altrimenti meglio mollare.
Unità.it