Domenica alle ore 15, dopo la sosta causata dagli impegni delle nazionali, il cammino della Fiorentina riprenderà in casa contro il Bologna e, con 9 partite ancora da giocare, tutto (o quasi) è ancora aperto.
27 punti a disposizione, tra insidiosi scontri diretti e gare (almeno sulla carta) più agevoli, per inseguire un piazzamento europeo che, ad oggi, appare più un miraggio che una concreta possibilità. Certo è che, oltre al massimo sforzo al quale i viola saranno chiamati da qui al termine della stagione, servirà anche la complicità delle dirette concorrenti che comunque, calendario alla mano, si incroceranno più volte in questo acceso finale di stagione. L’imperativo quindi, e almeno fino a che la matematica non condannerà definitivamente la Viola, è crederci.
E allora da dove nascono lo scetticismo, la diffidenza generale ed il malcontento diffuso che pervadono l’ambiente viola? Le responsabilità ci sono ma tuttavia, contrariamente rispetto a quanto si è portati a credere, vanno ripartite in equa misura e non addossate interamente a quello che, almeno a primo impatto, potrebbe sembrare l’unico e solo responsabile delle disgrazie di questa malcapitata stagione.
In ogni modo il primo a finire sul banco degli imputati, e non potrebbe essere altrimenti in una situazione del genere, non può che essere l’allenatore Paulo Sousa. Il portoghese, infatti, non ha mai nascosto tutto il suo disappunto per alcune (non) scelte fatte sul mercato, oltre ad aver lasciato, per larghi tratti della stagione, ampi spazi alla sperimentazione (senza troppo successo) e perdendo, forse, di vista gli obiettivi concreti. Se a ciò si sommano anche i presunti incontri con i vertici del Borussia Dortmund lo scenario certo non si fa più roseo, nonostante i recenti risultati vadano, fortunatamente, in tutt’altra direzione.
Tuttavia, sebbene con una certa tranquillità si possa affermare che una squadra sia il riflesso del suo allenatore, va anche sottolineato che nei tanto clamorosi quanto incomprensibili black out, ormai diventati una costante che periodicamente si ripropone nella stagione della Fiorentina, appare piuttosto complicato (se non addirittura insensato) imputare tutte le colpe a Paulo Sousa. Questo anche per il semplice fatto che il tecnico lusitano non scende in campo…
Infine, veniamo ai fatti più recenti. “Giampaolo”, “Sarri”, anzi “Spalletti”, “no no, Donadoni”… E chi più ne ha più ne metta fino al recente, prima presunto e successivamente smentito, incontro tra Corvino e Di Francesco. Tuttavia, sebbene il toto-allenatore (seguito dal tam tam ad esso inevitabilmente connesso) si sia già scatenato e probabilmente sia già sfuggito di mano, la società gigliata (dedita anima e corpo alla programmazione della rivoluzione alla quale assisteremo nel corso della prossima estate) non è certo priva di colpe…
Che l’incontro con l’attuale tecnico del Sassuolo ci sia stato o meno può avere ormai anche un’importanza marginale. Tuttavia sembra quasi scontato affermare che certi rumors certo non contribuiscono ad un incremento della stabilità e della fiducia interna all’ambiente viola e, di conseguenza, una ferma e decisa presa di posizione (più o meno convinta ma pur sempre efficace) da parte dei vertici societari avrebbe senza dubbio contribuito a tracciare una linea chiara da seguire almeno fino al termine della stagione.
Un allenatore ormai in balia di se stesso, una squadra che (nonostante le ultime risicate vittorie) sembra aver perso la bussola proprio nel momento clou ed una dirigenza isolata in un silenzio quasi assordante certo non sono le fondamenta più stabili su cui costruire la rincorsa all’Europa e l’immediato futuro della Fiorentina…
Gianmarco Biagioni