Il sole riscalda il campo in erba sintetica delle Caldine a Firenze. E’ un sabato pomeriggio qualsiasi e la formazione di casa, categoria Juniores provinciali, sta affrontando l’Atletica Castello. Equilibrio, squadre che si studiano e allenatori che già pensano a quali contromosse mettere in atto dopo quindici minuti dall’inizio della gara e uno zero a zero che non piace a nessuno. Non ci si gioca molto ma una vittoria potrebbe rappresentare una piccola svolta per entrambe le società. Nella calma generale, il dramma. Un ragazzo della formazione ospite si alza dalla panchina e dice di sentirsi poco bene. Poi il crollo.
Josef De Leonardis, 18 anni tra un mese, cade a terra. Inizia a tremare, perde i sensi. Si teme il peggio.
Partita sospesa, cala il gelo. E il silenzio. Gli sguardi dei giocatori fissano il vuoto, la facce pallide e il terrore di chi dalle tribune assiste a una scena davvero sconcertante. Perché Josef non risponde, viene chiamato il 118 ma nel frattempo rischia seriamente di soffocare. Sono attimi interminabili, minuti che possono risultare cruciali. Fino a quando non interviene un suo compagno di squadra, anche lui in panchina, che inizia le manovre di primo soccorso: “In quel momento hai un secondo per prendere una decisione – racconta Vieri Sabanito, portiere e amico inseparabile – ho visto che stava soffocando e il volto era sempre più scuro. Così sono intervenuto, ho iper esteso il collo e ho iniziato un massaggio cardiaco”. La lingua lo stava soffocando: “In questi casi non si devono mai mettere le mani in bocca, però”. In quegli istanti tutti temono il peggio, Vieri compreso: “Ho seguito un corso di primo soccorso un anno fa a Sesto Fiorentino- continua – e sai bene che non puoi permetterti di pensare troppo. Ho pensato che il mio amico sarebbe morto ma questo non mi ha influenzato, sono rimasto freddo e lucido e ho fatto quel che sapevo in attesa che arrivasse l’ambulanza”.
Intanto Josef riprende colore, arriva in campo il defibrillatore automatico esterno (DAE) ma non entra in funzione. Segno che non è un problema cardiaco. La Misericordia chiama l’elisoccorso Pegaso. Poi il trasporto a Careggi, pronto soccorso, e nella tarda serata al CTO per ulteriori accertamenti. Giorni lunghissimi in terapia intensiva, mentre il capitano dell’Atletica Castello viene sottoposto agli esami del caso e amici e parenti affollano la sala d’attesa nella speranza di un semplice sorriso. Che arriva domenica, quando la situazione è stazionaria e si fa sempre più chiara l’ipotesi di una crisi epilettica (gli esami sono ancora in corso). Evitato anche l’intervento, escluso da successivi accertamenti. Nel dramma, un sospiro di sollievo, mentre viene spostato dal reparto di terapia intensiva a quello delle degenze.
Adesso Josef sorride, scherza, risponde alle centinaia di messaggi che sono arrivati sul suo cellulare da Castello, da scuola, dal Fiesole Caldine, dai campi fiorentini e non solo. Chiede cosa hanno fatto le altre squadre bianco verdi e ringrazia: “Un abbraccio a tutti i miei amici che mi hanno dimostrato il bene che mi vogliono – ha scritto su Facebook – siete riusciti a strapparmi un sorriso”. Già. Quel che più conta dopo giorni di ansia e apprensione. Mentre i suoi amici lo attendono al campo. Col sorriso e quella voglia di scherzare che non ha mai perso. Anzi, che adesso sarà più grande che mai.
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