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“Lo stadio va fatto a Campi Bisenzio, il restyling del Franchi non fa crescere la Fiorentina, non porta soldi”

nella foto il Sindaco Domenici © Majlend Bramo / Massimo Sestini

Rassegna Stampa

“Lo stadio va fatto a Campi Bisenzio, il restyling del Franchi non fa crescere la Fiorentina, non porta soldi”

Redazione

7 Marzo · 10:40

Aggiornamento: 7 Marzo 2020 · 10:40

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«Rompo il silenzio solo per amore della Fiorentina». Leonardo Domenici, ex sindaco di Firenze, ex eurodeputato, parla di stadio nuovo al Corriere fiorentino. «Niente Mercafir? Poco male, le cose successe non cambiano il quadro. Credo che la soluzione migliore per lo stadio, per Firenze e per la Città metropolitana sia farlo, nuovo, a Campi Bisenzio. Un progetto in correlazione tra i due Comuni».

«Io parlo da tifoso della Fiorentina. E partiamo dalle origini: come è nata 12 anni fa questa questione? Lo stadio va fatto con tutto ciò che di connesso ci può essere per far compiere un salto di qualità alla Fiorentina. E per reperire risorse a questo scopo».

Quello che ha ripetuto Rocco Commisso nella lettera dell’addio al bando Mercafir.

«Non lo conosco, però mi sta simpatico. Ma anche i Della Valle facevano un ragionamento analogo. Investire per avere redditività e portare stabilmente la Fiorentina nel giro che conta: coppe europee e a livello nazionale almeno tra le prime 6. Però attenzione».

A cosa? «C’è un punto da affrontare, che è anche la causa dei malintesi, chiamiamoli così, di 12 anni fa».

Quei «malintesi» causarono un’inchiesta che cancellò il progetto dello stadio, l’operazione Fondiaria a Castello e mezza classe politica fiorentina… Tutti assolti o prescritti, nel frattempo.
«Chiamiamoli malintesi rispetto alla legittima domanda del perché una istituzione pubblica si debba occupare di questo problema, di come valorizzare una società di calcio».

Che è privata…
«Sì: ma una legittimazione c’è. Molte società, e la Fiorentina è tra queste—sesta squadra italiana come bacino di sostenitori — sebbene siano private, sono patrimonio pubblico di un territorio. La riprova è che non solo c’è ricaduta economica, di immagine e identità, ma viene riconosciuto anche giuridicamente che ci sia questo legame».

Come quando, dopo il fallimento della Fiorentina di Vittorio Cecchi Gori, il titolo sportivo passò al Comune.
«Esatto, e dopo è diventata prassi legislativa. La Figc detteil titolo sportivo al sindaco della città, riconoscendo de facto che in un momento di crisi della proprietà era la città che si doveva far carico di quel titolo sportivo».

«Qual è il territorio e l’area urbana dove può apparire ragionevole realizzare il nuovo stadio? Per i problemi che conosciamo, per il fatto che alcune aree non sono più utilizzabili, l’ipotesi di Campi è una idea del tutto appropriata».

Farà arrabbiare qualcuno a Firenze…
«Non è mia intenzione, il mio obiettivo è dare un suggerimento per la Fiorentina e la città. Da quello che ho capito, ma si esprimeranno meglio gli amministratori di Campi, non vedo una grande differenza sui tempi rispetto alla Mercafir. Ma facciamo un passo indietro: il problema si risolve nella misura in cui non abbiamo un solo soggetto, ma due soggetti, cioè sia il Comune di Campi che di Firenze, saranno attori del progetto. Firenze e Campi lavorino insieme, diano vita a una società di scopo che unisca la massa criticaela forza negoziale del capoluogo, con la disponibilità del Comune di Campi ad ospitare lo stadio. Una società per gestire tutta l’operazione».

Per avere lo stadio a Campi, occorrono molte infrastrutture pubbliche.
«E questo è un tema della Città metropolitana, il cui sindaco è anche il sindaco del capoluogo. Io ero contrario a fare uno stadio fuori da Firenze, quando c’è stato il fallimento. Ma ora che c’è la Città metropolitana, tutto cambia. Un’operazione di questo tipo rende tangibile il senso della Cittàmetropolitana. La maggior parte dei tifosi viola non sono di Firenze».

E l’ipotesi del restyling del Franchi?
«Cosa puoi fare, che investimenti puoi fare, in una zona così densamente popolata come Campo di Marte? Il punto è che tipo di progetto associo al salto di qualità alla Fiorentina. Col Franchi non c’è cambio di dimensione, resti quello che sei».

Quando i Della Valle hanno venduto la società, vi siete sentiti?
«Gli mandai una mail: fate le cose per benino. Non c’era bisogno, mi disse quello che ha detto a tutti: aveva varie offerte, questa neanche era la più vantaggiosa, gli sembrava la più affidabile».

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