Diventa difficile, quasi impossibile, non offrire il fianco a sterili o prevedibili retoriche quando ci si tenta di addentrare in tematiche così delicate, ma forse il perdurare di accadimenti così gravi e svilenti suggerisce che alcune sensibilizzazioni non abbiano per nulla ”fatto breccia” nell’attenzione degli addetti ai lavori del mondo del pallone.
La gravosa inchiesta sulle scommesse piovuta sul capo di Nicolò Fagioli, Nicolò Zaniolo e Sandro Tonali disegna un calcio di cui conosciamo ancora troppo poco, ed in cui probabilmente continuiamo a commettere l’errore di riporre eccessive aspettative.
Una giovane promessa del calcio, che in barba ad una delle (poche) limitazioni che si legano alla sua privilegiatissima posizione, commette la tracotante leggerezza di adulterare un sistema col quale (per merito di un talento naturale) dovrebbe unicamente essere debitore. Un grande rammarico, specie se si pensa a come tutte le epoche calcistiche del passato, che pure con cadenza decennale si erano tristemente distinte con tematiche simili, mai avevano riguardato (per anagrafe o talento) profili come quelli di questi tre ragazzi, che ora rischiano di assistere all’inesorabile quanto prematuro tramonto della loro brillante e radiosa carriera.
E’ evidente come sia compito della magistratura e non di questa sede, chiarire e ricostruire le dinamiche dei singoli accadimenti così da poter comminare le pene più adeguate, sebbene lo sguardo alla normativa in esame, che ricordiamo prevede la squalifica fino a tre anni per il solo fatto di aver scommesso sul calcio, lascia ben pochi appigli all’ottimismo.
La sensazione, forse, è che i tre ragazzi siano state vittime sacrificali di un sistema, che dgli addetti ai lavori sino ai semplici fruitori, definisce la figura del calciatore come entità infallibile, impunita, propria della capacità di non fare mai la cosa sbagliata, ma non è così
Lo sanno bene il New Castle e l’Aston Villa, che su Tonali è Zaniolo hanno investito denaro e risorse in quantità ingenti, consegnando di fatto nelle mani dei giovani azzurri le chiavi del loro nascente progetto tecnico agli ordini di Eddie Howe e Unai Emery.
Lo saprà bene Massimiliano Allegri, che già nel 2017, provate a immaginare, elesse l’allora sedicenne Fagioli come un centrocampista dal pensiero calcistico superiore e diverso dagli altri.
Vietato tralasciare, infine, il capitolo nazionale, col nuovo ciclo guidato da Luciano Spalletti che si vede già chiamato a gestire una bufera extra campo di tale portata, fingendo di non considerare, da ultimo, anche il danno tecnico, nel merito del gioco del calcio, che la (prolungata o forse definitiva) assenza dei calciatori provocherà alla nazionale Italiana.
E’ esercizio sbagliato e controproducente dunque, almeno secondo l’opinione di chi vi scrive, considerare questi ragazzi vittime e non carnefici di loro stessi, che forse occupano solo la punta di un iceberg che cela un sommerso di poca chiarezza e cattiva gestione di quello che dovrebbe essere lo sport più bello del mondo.
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