Il mondo del calcio italiano vive una crisi che pare non aver fine. E cominciata alla fine dei primi anni Duemila. Via via si è aggravata, fino alla mazzata che ha stroncato le gambe a tanti club, oggi scomparsi o sulla via della scomparsa: l’esempio della Sampdoria, salvata al fotofinish, non è casuale. La situazione è molto più grave ed i dati sono chiari: un miliardo di rosso e 3,4 miliardi di debito. Una cifra mai superata e che coinvolge, in prima persona, i grandi club: Juventus, Inter, Milan e Roma su tutti.
Sono ormai note le vicende della Juventus, ma non navigano in acque migliori gli altri team sopracitati. Il calcio italiano non trova il modo di svoltare ed anzi vede aumentare non solo le spese ma anche gli investimenti volti ad attirare i calciatori nella propria squadra. Situazione che non appresta a svoltare e che contribuisce, giocoforza, ad aumentare i già ingenti debiti dei club. Non si trova la quadra ed anzi, la situazione è tutt’altro che vicina alla sua risoluzione. Il football italiano ha perso fondi ma anche e soprattutto appeal rispetto ai competitors europei, su tutti la Premier, ad oggi l’NBA del calcio mondiale.
Il confronto è impari se si guarda la questione diritti tv: una neopromossa in Italia guadagna all’incirca 25 milioni di euro di diritti televisivi, altri dieci milioni come paracadute nell’annata successiva. Sono queste le cifre del Frosinone, vincitore della appena conclusa Serie B. Il Luton Town, neopromossa in Premier, incassa 105 milioni di soli diritti tv. Ottanta milioni di scarto, un abisso per due squadre di pari livello.
Sono proprio i diritti tv a tenere banco nelle ultime ore. Di fronte ad una offerta attesa dalla Lega di un miliardo, le trattative con le televisioni si sono arenate perché nessuno – né Sky né DAZN né Mediaset – si è spinto oltre i 600 milioni per acquisire i diritti di messa in onda del massimo campionato italiano. Un flop, peraltro annunciato. Ed ancora una volta indicativo della crisi storica (e cronica) del calcio nel Belpaese. Situazione che va in contrasto con altre industrie che in Italia, al contrario della Serie A, non smettono di crescere.
Una di queste è quella del gioco pubblico, come emerge dall’ultimo rapporto iCom. Da un quindicennio il mondo del gioco cresce senza sosta e nel 2021 è arrivato a 111,2 miliardi di raccolta. In particolare grazie alla spinta del settore online, oggi il vero fiore all’occhiello della filiera. Gli italiani sono sempre più mobile-friendly ed hanno contribuito a rendere l’Italia diciannovesima nella classifica dei paesi maggiormente digitalizzati. Intanto i dati in pillole: la raccolta da gioco è aumentata del +25,98%, le vincite del +27,06%, la spesa del +19,60%. Non a caso il gioco è l’1% del Pil oggi. E il calcio, di questi passi, rischia di eclissarsi. Occorre una svolta. Che può arrivare anche da un cambio di prospettiva, o da un rinnovamento complessivo. Sarebbe ora di sbrigarsi.