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Brovarone: perché Mascherano non è arrivato in viola: “Ero in ufficio ma Pradé mi disse…”
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Brovarone: perché Mascherano non è arrivato in viola: “Ero in ufficio ma Pradé mi disse…”

Redazione

11 Ottobre · 11:14

Aggiornamento: 11 Ottobre 2016 · 11:56

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Interessante questa mattina il post di Bernardo Brovarone, che ha affidato al suo nuovo blog il racconto della trattativa sfumata per Javier Mascherano. Il giocatore, infatti, era pronto a trasferirsi alla Fiorentina ma…

“Lo avevo conosciuto da poco, attraverso un’amicizia in comune, come spesso accade nella vita. Mi aveva colpito la sua disponibilità, la sua serenità, il suo modo molto poco sud americano di approcciarsi, mi chiedevo dove fosse la trappola, ci andavo con i piedi di piombo, ma avevo il mio amico Renzo da collante e mi sentivo tutelato e garantito. Lui è Walter Tamer, agente argentino di calciatori, e fra i suoi assistiti aveva un ragazzo che a me ha sempre fatto impazzire, El Jefecito, un certo Javier Mascherano. Ne parlammo a lungo, in quel periodo lavoravo insieme a due amici con cui strutturammo una società, entrambi erano molto amici di Renzo, italiano che viveva a Madrid e che oggi vive a Rosario in Argentina, colui che ci ha dato la possibilità di iniziare il rapporto con Walter.

Un uomo meraviglioso, onesto cordiale generoso, un.’autentica mosca bianca in questo mondo di belve assatanate e di gangster ad ogni angolo delle strade. Ricordo il giorno che alla Fiorentina arrivò Pantaleo Corvino come direttore sportivo, non lo conoscevo di persona, attraverso Marco andammo in sede a trovarlo, a farci due chiacchiere, ad annusarci un pochino. Lui, quando glielo racconto durante i nostri incontri lo nega sempre, ma negherebbe anche l’esistenza propria, dunque conta poco, anzi nulla.

Gli proponemmo l’operazione Mascherano, ricordo che usai il termine “campione”, e fui subito stoppato: “No fermati un attimo, questo non è un campione, è un buon giocatore ma non un campione …”. Ricordo perfettamente pure la mia risposta: “Se s’inizia così siamo messi di nulla direttore…”. Ma questo dettaglio lo racconto solo perché era la prima volta che parlai del ragazzo, ufficialmente autorizzato da Walter e non lo scorderò mai quel pomeriggio, si prendeva a otto milioni il giocatore, per me era un affare vero, ma in tutta sincerità nessuna altra squadra con cui avevamo parlato ci manifestò la volontà di prenderlo, le solite comiche all’italiana.

Qualche anno fa, circa tre, ci fu nuovamente la possibilità di parlare con il calciatore, aveva problemi di rinnovo con il Barcellona, Guardiola aveva appena lasciato il club, e lui non aveva più la volontà di giocare difensore centrale, cercava una nuova squadra che gli potesse restituire la possibilità di tornare a giocare da centrocampista. Rafa Benitez lo martellava un giorno si e un giorno no, ma lui a Napoli non voleva andare, non c’era in quel momento nessuna altra squadra, inutile che adesso tutti fanno i professori, solo la Juventus l’anno seguente è stata fortissimo sul giocatore e ci andarono pure parecchio vicini a chiuderlo.

Certo portarlo a Firenze non era proprio un lavoro così banale, ma sapevo di avere due uomini determinanti, che per motivi differenti l’uno dall’altro, avrebbero potuto darmi una mano importante, magari pure decisiva, Daniele Pradè e Edoardo Macia. Il primo già a ottobre novembre mi disse: “Inizia a lavorare sul ragazzo, vogliamo solo lui, è un pensiero condiviso da tutta la società…”. Edoardo invece aveva un rapporto privilegiato con Javier, lo aveva avuto a Liverpool insieme a Benitez, e avrebbe contato molto la sua presenza.

Iniziammo un lavoro costante, quasi quotidiano, mi sentivo in continuazione con Walter, mi spiegava che il ragazzo cercava una soluzione che lo realizzasse sotto il punto di vista personale, familiare, oltre che professionale, ma non ne faceva una bizza di natura economica, una città bella tranquilla che gli potesse offrire magari la Champions, ma soprattutto per lui contava la tranquillità della sua famiglia. Mi sentivo di potergli offrire una soluzione ideale, la Fiorentina avrebbe fatto uno sforzo sul contratto del giocatore e la cifra da pagare al Barca in quel momento era gestibilissima, il suo contratto stava per scadere dunque eravamo in posizione di grande privilegio.

Un giorno mi chiama Walter, facciamo una lunga chiacchierata, e capisco che la cosa sta iniziando a interessare parecchio al giocatore, e decidiamo di fare un passaggio ulteriore. Chiamo la Fiorentina e fisso un appuntamento per riunirci tutti insieme, era il mese di Marzo. Ricordo ancora il pranzo che facemmo io Walter e Federico, un suo collaboratore di Rosario, parlammo di tutto, ci stavamo davvero avvicinando alla metà, questa è la sacrosanta verità.

Nel pomeriggio ci fu l’incontro con la Fiorentina, decidemmo di andare avanti con il lavoro dandoci appuntamento più avanti, anche perché il ragazzo comunque ancora non aveva preso nessuna decisione definitiva. Che arrivò più avanti però, verso la fine della stagione, mi venne comunicato da Walter che il giocatore aveva dato l’ok e che avrei potuto avvisare il club. Non stavo nella pelle, ero eccitato come un bambino, stavo realizzando il mio vero Grande Sogno. Avviso il Direttore e ci diamo appuntamento una decina di giorni dopo in sede, lontano da tutto e da tutti, per stabilire la strategia finale e mettere il timbro definitivo alla vicenda.

Saranno state le tre di pomeriggio, salgo al piano superiore e mi lasciano in attesa su una poltrona, Daniela mi offre un caffè e dopo una mezzoretta vengo chiamato negli uffici. Entro e mi trovo davanti una tavola rotonda con seduti vari membri della società, Pradè con una semplicità tanto sorprendente quanto fastidiosa si volta verso di me e mi dice: “Bernardo il Presidente non vuole più fare l’operazione, l’esborso ad oggi non è sostenibile, noi ci tiriamo indietro ufficialmente”.

Naturalmente resto basito, penso a uno scherzo, ma poi mi viene pure chiesto di lasciare gli uffici e che ci saremmo sentiti più tardi. Me ne andai senza neanche salutare e chiudere la porta, ero fuori di me, avrei rovesciato i tavoli addosso alle persone. Naturalmente il mio pensiero andava a tutto il lavoro svolto in quei mesi, a tutte le spese sostenute, al sacrificio, alla pazienza, al risultato ottenuto, che non era proprio un ‘opera così semplice, a un metro dall’arrivo mi spari alle gambe e mi lasci steso per terra.

Chiamai Walter e comunicai la decisione del club, presi la macchina e andai a Bolgheri due giorni lontano dal mondo intero. Il destino volle che Luis Enrique nella conferenza stampa di presentazione disse esplicitamente: “Tre giocatori di questa rosa per me saranno imprescindibili, uno di questi è Mascherano …”. Tre giorni dopo Walter era a Barcellona, il ragazzo rinnovò il suo contratto, e la pellicola horror terminò.

Niente contro la Fiorentina figuriamoci, è un mondo che funziona così, in dieci secondi ti viene distrutto un anno di lavoro, un mezzo conto in banca, e un sogno che coltivavi fin da bambino…vederlo vestito di viola sarebbe stato il mio incanto, ma purtroppo di viola rimasero soltanto i miei occhi duramente colpiti da legnate che non dimenticherò.”

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