Vittorio Cecchi Gori, nel corso della sua intervista al Corriere fiorentino, ha parlato anche del fallimento della società viola. Queste le parole dell’ex patron della Fiorentina:
Lei continua a sostenere che la Fiorentina le è stata strappata di mano. Perché? Si è dato una risposta?
«Hanno pesato i diritti tv. Io avevo un’enorme casa cinematografica, che poteva condizionare l’esistenza di una televisione. E quando si parla di comunicazione allora si toccano i vertici dello Stato. E il calcio aveva il problema dei diritti tv, cosa non risolta perché ancora oggi accadono le stesse cose che accadevano 30 anni fa. Ed è grave, perché io ci ho rimesso le penne per questo. Mi misero contro la Rai, ma io non ce l’avevo con la Rai. Io ero un produttore di programmi, non un diffusore. La pay-tv era un concetto che mi piaceva, ma non decollava mai, tant’è vero che a un certo punto cullai l’idea di creare una piattaforma, europea ma con buoni rapporti con l’America. In realtà sulla carta era una partita vinta, però ho smosso troppi interessi».
La telefonata di Fedele Confalonieri che le chiese di fermarsi ci fu davvero?
«Io non volevo fare il terzo polo. Era solo una minaccia per mettersi d’accordo, non volevo farlo. Io volevo fare la piattaforma. Oggi è un termine comune, all’epoca nemmeno sapevano che cosa fosse. E sa che cosa penso: che alla fine fu un grande errore anche per Berlusconi».
In quel momento era presidente di una delle squadre più importanti d’Europa, produttore da premio Oscar, proprietario di televisioni, sposato con una donna bella e intelligente. E poi che accadde?
«Semplice. Crollò tutto».
Come lo visse quel momento?
«Non lo so neanche. Non lo so neanche che cosa è successo. Non era una questione di soldi, era una questione di potere. E chi non mi voleva bene mi ha massacrato».
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