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Commisso ha riscritto le regole della Fiorentina, Chiesa resta e non sarà come Baggio e Bernardeschi

Rassegna Stampa

Commisso ha riscritto le regole della Fiorentina, Chiesa resta e non sarà come Baggio e Bernardeschi

Redazione

27 Luglio · 13:36

Aggiornamento: 27 Luglio 2019 · 13:36

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In questa estate del grande cambiamento e dell’orgoglio ritrovato, in attesa di ritrovare anche una vera squadra, non poteva mancare uno stanco teatrino, più mediatico che reale, per la verità.

Tutti parlano. Tutti tranne Federico Chiesa, che non è solo un oggetto del desiderio di top club (soprattutto del solito top club), ma in questo caso, al contrario dei suoi predecessori, è un ragazzo che con questa città ha un legame speciale. Qui è cresciuto, nella vita e nel pallone. Qui vive da quasi vent’anni la sua famiglia, con questa maglia ha giocato il padre Enrico. Non può essere una storia come le altre, quelle che abbiamo già visto, vissuto e più o meno sofferto. Ma il fatto è che le parole assediano una trattativa che parte da un punto di vista diverso dalle altre volte.

Baggio fu venduto alla Juve in pieno inverno, e Mario Cecchi Gori si trovò disarmato quando provò a tenerlo con sé. Rui Costa se ne andò per salvare la Fiorentina dal fallimento: niente salvezza, ma garofani che piovevano su campo insieme a una pioggia di lacrime.

Sulla cessione di Bernardeschi erano tutti d’accordo: giocatore e società. Il biondo non scaldava il cuore della gente, per cui fu facile tirare fuori la famosa frasetta: ce lo porto io a Torino per tutti quei soldi. Peccato che, come quasi sempre, quei soldi (40 milioni), non sono serviti a un granché.

Perché poi ogni tormentone porta con sé i suoi figli: e cioè le frasi fatte che ormai sono regole codificate. Tipo: ce lo porto io, nessuno è indispensabile, i giocatori cambiano la maglia no, e io tifo per quella. Giusto. Poi c’è chi ha una la visione più finanziaria e si arrende al fatto che nel calcio di oggi le bandiere non esistono più e che tanto sono tutti mercenari. E avanti così, con la bandiera viola stretta da una mano e quella bianca della resa dall’altra.

Però adesso qualcosa forse è cambiato. Il calcio di oggi non tanto, anzi quello resta sempre più stretto nelle mani dei potenti, che vivono su un altro pianeta e agli altri gettano le briciole come gli antichi recircondati da servi felici del proprio ruolo. Commisso invece ha alzato la voce con la Juve, un gesto diretto e umano, soprattutto per chi arriva qui e scopre come funzionano le cose. Il tifoso sorride soddisfatto, ai fiorentini il ruolo di servitore non veste bene, anzi è un vestito decisamente poco gradito.

Quindi la premessa è diversa e l’unico precedente illustre che ha senso è quello di Luca Toni, rimasto un anno dopo un confronto e un accordo con la società, che aveva bisogno di lui per non perdere per strada le proprie ambizioni e poi fu ceduto all’estero, perché a quei tempi l’orgoglio non si era ancora arreso, anche se per ritrovarlo sono serviti troppi anni e troppi addii. E mentre tutti aspettano l’incontro decisivo tra le parti, non resta che fare i conti coi commenti più o meno autorevoli: chi sostiene che

Chiesa vada venduto, chi che Commisso ha attaccato la Juve come un tifoso qualsiasi, chi addirittura sostiene che ce la faranno pagare. Ce ne fosse uno che sottolinei il fatto che grazie a questo strapotere il campionato italiano è diventato una mezza farsa, che una società come la Fiorentina ha diritto di avere delle ambizioni e che convincere un giocatore a restare con questa maglia almeno un altro anno è un gesto che potrebbe rappresentare una ribellione utile a dare una mossa a un sistema malato dove contano solo i soldi e le commissioni degli intermediari.

Al momento ciò che è certo è che Chiesa non sarà il Baggio di Commisso. Parole sue. Che fanno bene al cuore, se questa storia finisce tra i sorrisi.

Benedetto Ferrara, La Repubblica

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