Negli ultimi due mesi ha giocato solo tre spezzoni, con Spezia, Villarreal e Salernitana, per colpa di una pubalgia non simpatica da mettersi alle spalle. L’ultima volta che si è visto in campo dall’inizio è stata la Supercoppa del 12 gennaio. In attesa di una maglia da titolare, Federico Bernardeschi è pronto a ripartire da zero dopo che attorno a lui nel frattempo è cambiato tutto, tra Juve, Nazionale e un futuro ancora tutto da scrivere.
Il Mondiale in Qatar l’Italia se lo giocherà senza Bernardeschi.
Il c.t. Mancini l’aveva sempre chiamato con convinzione (Europeo compreso) e spesso l’aveva messo in campo, con indubbio profitto reciproco, perfino quando Federico era in disgrazia alla Juventus. Arriva la sosta, i convocati sono addirittura 33, e tra questi non c’è il nome dell’ex viola, che pure ormai nel gruppo di Mancini era diventato una certezza in pianta stabile. I soli 34 minuti giocati da Bernardeschi negli ultimi due mesi devono essere stati considerati dal c.t. un allarme tale da preferirgli altri (Politano). Vivere un momento del genere dal divano, dopo esserci sempre stato, anche nei momenti bui, non sarà normale per il 20 bianconero. Dopo ogni convocazione alla Continassa rientrava un giocatore in cerca di rilancio e rigenerato dall’azzurro, finché anche alla Juve non è tornato Massimiliano Allegri.
Dopo l’Europeo vinto non da figurante, il ritorno del tecnico livornese ha saputo restituire a Bernardeschi quella dimensione che aveva perso nella stagione con Pirlo, che lo ha usato anche da terzino, ancora più che con Sarri, che lo ha impiegato anche da trequartista. Non è una questione solo di posizione in campo, anche in Nazionale Fede ne ha cambiate tante, e pure per Allegri è un jolly per far quadrare gli equilibri.
E’ questione di peso specifico in campo, e a cascata di fiducia. Ritrovata la confidenza, quello di quest’anno è stato un Bernardeschi sicuramente diverso: non per caso, in una Juve in cui c’erano ancora Chiesa, Kulusevski e McKennie a occupare zolle non molto distanti lui ha giocato da titolare 12 delle prime 16 partite in cui ha giocato in campionato e tutte e quattro le partite che ha giocato nel gironcino di Champions. Sono i numeri di una certezza, tornato brillante anche da uomo assist finché non ha ritrovato pure il gol.
A renderlo un ritorno in squadra senza i riferimenti di prima non è tanto la nuova identità di squadra costruita dopo l’arrivo di Vlahovic attorno all’idea di tridente, in cui Bernardeschi sarebbe a suo agio a muoversi da esterno d’attacco, al bisogno magari anche da mezzala e in ogni caso anche da ala del 4-4-2. La difficoltà è togliersi la ruggine di dosso in un momento di fiducia ben diverso. Un momento in cui dopo lo stop le giocate riescono meno, e si è visto con lo Spezia. Un momento in cui l’esclusione dalla Nazionale non può essere un colpo indolore. E un momento in cui Federico si gioca il futuro.
Dybala a parte, la sua situazione è quella più distante da un accordo per il rinnovo: ancora non sono neanche in programma incontri, ma se l’idea è ripartire dai 4 milioni annui attuali per perpetuarli nei prossimi cinque anni, certo è lontana da quella della Juve, che in una politica di revisione al ribasso di tutti gli accordi ne mette sul piatto 2,5 più bonus per tre anni. Esplorare il mare aperto del mercato per capire dove possono arrivare gli scenari alternativi, e decidere di conseguenza, era già stato messo in conto. Ma dopo l’infortunio, la Nazionale e tutto il resto, oggi significa farlo in un clima ben diverso rispetto a prima della pubalgia. Ma le bocce sono ancora in movimento, Bernardeschi ha altre dieci partite (più l’eventuale finale di Coppa Italia) per tentare l’ennesima risalita. In un contesto tecnico con cui ha già dimostrato di saper entrare in sintonia. Lo scrive la Gazzetta dello Sport
LA GAZZETTA INSUNUA IL DUBBIO SU CHIFFI