di Giancarlo Sali
Riassumiamo brevemente lo stato dell’arte in materia di ripresa del calcio di Serie A durante la pandemia mondiale di Covid-19.
Il CTS (Comitato Tecnico Scientifico del Governo), tra le altre cose, aveva imposto 2 paletti alla Figc:
- Obbligo di ritiro forzato pre ripresa del Campionato, senza contatti con l’esterno.
- Per ogni nuovo contagiato, squadra e staff insieme con lui dovevano finire in quarantena.
Di fronte alle minacce della gran parte dei club (Inter in primis) di non voler ripartire assolutamente in questo modo, alla fine il CTS ha dovuto cedere:
- Nessun ritiro forzato prima del Campionato, con i giocatori che, terminati ogni giorno gli allenamenti, possono ritornare a casa propria dai loro familiari.
- Solo l’eventuale contagiato va in quarantena, la squadra in questo caso va in ritiro senza contatti con l’esterno, ma si allena regolarmente, effettuando i test medici che servono.
Ovvietà è dire che questo secondo modello, simile a quello della Bundesliga per intenderci, sia molto rischioso ma allo stesso tempo l’unico possibile per cercare di terminare il Campionato, perché se per ogni contagio debba fermarsi tutta la squadra per almeno 14 giorni, il massimo torneo italiano non finirebbe mai.
La domanda che vi facciamo però è la seguente: è giusto prendersi questi rischi di salute per il pallone, esponendo a nuovi contagi, non solo i calciatori ricchi e privilegiati, ma anche staff ed impiegati che guadagnano uno stipendio normale? Evidentemente senza i diritti tv dell’ultima parte del Campionato molte squadre potrebbero trovarsi in grosse difficoltà economiche o addirittura rischiare di fallire, e quindi tutto ciò vale più del rischio di vite umane.
Il 28 maggio, tra una settimana esatta, l’incontro tra il Ministro dello Sport Spadafora, il numero uno della Figc Gravina ed il numero uno della Lega di Serie A Dal Pino stabilirà ufficialmente (in base all’andamento della curva dei contagi) se e quando riprenderà ufficialmente il Campionato, tenendo conto che resta un ultimo importante nodo da sciogliere: la responsabilità dei medici delle società sui nuovi contagi, questione che ai medici stessi non sta affatto bene, soprattutto ora che i giocatori potranno tornare tutti i giorni a casa loro.