“Ho iniziato a giocare a calcio in un cortile, su un campo di cemento, con un pallone molto diverso da quelli moderni. Il calcio mi ha insegnato la capacità di resistenza, mi ha procurato soddisfazioni, aiutandomi a trovare lo spirito combattivo“. Pensieri e parole di Fidel Alejandro Castro Ruz, meglio noto solo come Fidel Castro, il Lider Maximo della Revolución cubana che, questa notte, si è spento a L’Avana all’età di 90 anni, 47 dei quali spesi alla guida del regime socialista, fino a quando le prime serie operazioni all’intestino lo costrinsero ad abdicare in favore del fratello, rinunciando così alla possibilità di occuparsi in prima persona di quella realtà che con fatica era riuscito a costruire.
C’è stata una buona fetta di calcio nella vita di Fidel Castro, dal pallone come fonte di ispirazione fino all’amicizia fraterna con Diego Armando Maradona, più volte ospite a Cuba che definì il rivoluzionario come: “L’ultimo dei grandi personaggi a fare la storia“. E Fidel la storia l’ha fatta davvero, l’ha fatta in prima linea, sul campo, con sudore e sangue alla testa del Movimento del 26 di luglio ed al fianco di un altro personaggio che certo non è passato inosservato, tale Ernesto “Che” Guevara. Era il 1959 quando la milizia popolare mise in fuga da Cuba il dittatore Fulgencio Batista e, successivamente, prese le città di Santa Clara e Santiago di Cuba. L’ha fatta la storia Fidel e, come tutti i grandi che hanno fatto la storia, ha un posto d’onore nell’immaginario collettivo, al pari di alcuni grandi campioni, dei quali lui stesso ebbe a dire che: “Appassionano milioni di persone e non sono nemici di Cuba“, come l’amico Maradona. Ci lascia Fidel Castro, e insieme a lui ci lascia un’eredità di cui dovremmo fare tesoro perché, come lui stesso insegnava, “Nessun vero rivoluzionario muore invano“.
Gianmarco Biagioni