E non dite che non ve l’avevo detto.
Certo certo, vanno fatte le dovute premesse.
Una società attenta non lo avrebbe dovuto confermare ad agosto, una società attenta lo avrebbe esonerato prima, una società attenta bla bla bla.
Siamo noi una società attenta? No. Dovevamo pagarlo comunque fino a fine stagione se lo avessimo esonerato? Sì. Fine della discussione. Cognigni non è che fa tante altre equazioni quando si domanda quale decisione prendere.
Paulo Sousa si era presentato con tante belle idee, col fascino da uomo maturo che non deve chiedere mai. Forse era piaciuto proprio per quello alla nostra dirigenza, chi lo sa. Invece a fine dicembre 2015 si ritrova quasi primo e inizia a chiedere eccome.
Dopo le voragini lasciate da Gomez prima e Rossi dopo (una quarantina di milioni circa completamente gettati) e dopo gli ultimi mesi del simpatico Montella, Pradè non è nel periodo migliore della carriera e si ritrova con un potere decisionale leggermente ridotto tanto che quando deve andare al bagno è costretto ad alzare la mano ed a chiedere il permesso.
La “governance” fa quindi arrivare al termine del mercato invernale il sig. Benalouane totalmente rotto e il sig. Konè quasi totalmente integro. Due enormi sciagure per Paulino che non la prende bene. Alcuni giurano che in quel periodo lui rassegni le dimissioni, salvo poi rimangiarsele costretto da non si sa quale clausola contrattuale.
Da qui in poi si susseguono una serie di comportamenti sui quali sarebbe dovuta intervenire una società attenta, della quale però ho già parlato sopra. Evito di rifare l’elenco dei vari aneddoti del tipo “i ragazzi hanno dato troppo” per arrivare a “Cristoforo merita di giocare più di Bernardeschi”. Sarei palloso più del solito.
Sousa non perdeva occasione per lanciare stilettate alle proprietà, per schierare giocatori fuori ruolo ed evidenziare carenze d’organico, non vedeva l’ora di mettere in cattiva luce quegli stessi individui che gli firmavano il lauto compenso mensile. In campo si vedeva di tutto, fuorché un po’ di logica, soprattutto negli ultimi imbarazzanti 4-5 mesi. Con alcune eccezioni, guarda caso sempre contro le migliori… Lì no, lì si trasformava. Grandi gare in casa contro Roma, Juve, Napoli, Inter, Lazio e strani cali di tensione contro le ultime (una recente ricerca del giornalista Roberto Vinciguerra evidenziava come la Fiorentina fosse stata la squadra ad aver ceduto più punti alle ultime 5 in classifica, ben 12).
Il suo obiettivo era meleggiare, oramai da parecchio tempo. Allenare era quasi un passatempo. E i “rosiconi” più accaniti che lo spalleggiavano pure, ribadendo che il problema principale non era certo lui. Ma lo sapevo bene, colleghi “rosiconers”, io sono dei vostri, lo sapete. Non era il principale, ma poco ci è mancato.
Il professionismo è un’altra cosa. Questo signore dopo 7 mesi dalla firma del proprio contratto con noi si è seduto a cena con i signori dello Zenit. E dopo altri 10 mesi si è seduto con quelli del Borussia Dortmund, così alla luce del sole, come se fossimo povere merdine di passaggio. Salvo ovviamente rimanere qui, perché forse quei club si erano accorti che aveva qualche problema a sostenere le pressioni di un certo tipo.
Lui che aveva allenato in Svizzera, Israele, Ungheria. Ed escludo per bontà i tre ridicoli fallimenti britannici. Lui voleva la squadra da scudetto, o da Champions. Voleva arrivare ad allenare i “top club europei”.
E in tanti si domandavano chissà quale squadra galattica andrà ad allietare con le sue frasi sconnesse, dopo aver dimostrato al mondo le sue enormi doti. Chissà in quale meravigliosa città andrà ad abitare, chissà quanto rimpiangeremo questo campione di “intellettualità emosionale” (non significa niente, lo so, come il 90% delle cose che lui ha detto in due anni di conferenze stampa, però).
Ecco, costui ora se ne va in Cina.
A fare l’apprendista per l’Inter o forse neppure.
Si è fatto dare i € 200.000 per non averci fatto forzosamente rispettare l’opzione per il terzo anno e posso solo immaginare il godimento nel pensare alla faccia di Cognigni ed partito per l’Oriente.
Vai vai, Paulo, un grande abbraccio.
Come dici? Non ti dimenticheremo? No, ti sbagli. Non vediamo l’ora di dimenticarti.
E mi raccomando, respira a pieni polmoni, che là c’è l’aria buona.