“Una corretta alimentazione non trasformerà un atleta in un campione, però abitudini alimentari scorrette possono trasformare un potenziale campione in un atleta mediocre”. La frase è di R.J. Maughan (uno dei massimi esperti mondiali di nutrizione sportiva) e sta alla base della filosofia che ha fatto della Fiorentina una società all’avanguardia da questo punto di vista grazie allo staff guidato dal professor Giorgio Galanti. Spiega il nutrizionista dei viola, Cristian Petri: “Tutto è nato tre anni fa da uno studio di osservazione che ci ha poi permesso di intraprendere questa collaborazione con la Fiorentina”.
Il metodo è assolutamente scientifico, ma parte da alcuni presupposti “filosofici” fondamentali. “Non bisogna mai dimenticare che mangiare è socializzare”. E quindi? «Se un calciatore ha il compleanno del figlio, o se deve festeggiare con la sua compagna, non deve rinunciare per forza ad un dolce in più o ad un bicchiere di vino». In sintesi. “Esagerare con le rinunce può essere controproducente esattamente quanto il contrario”. Non a caso, sempre per usare le parole del nutrizionista viola, “noi portiamo avanti un processo di educazione alimentari. La costrizione non porta a niente”. Molto dipende dai calciatori. “Nei giorni immediatamente precedenti o successivi ad una gara non devono assumere alcol. Ne va delle loro prestazioni ma – prosegue Petri – sono davvero tutti ragazzi molto responsabili”.
E così, giorno dopo giorno, Borja e compagni si son fatti “trascinare”. Merito anche, per non dire soprattutto, di Paulo Sousa. “È vero. Siamo ormai al terzo anno di lavoro in questo senso ma la svolta vera c’è stata con l’arrivo del mister”. Tra il tecnico portoghese, il suo staff, il professor Galanti e Cristian Petri il confronto è costante. Al punto da convincere il portoghese a portarsi il nutrizionista anche in trasferta. “Paulo – racconta Petri – è attentissimo all’alimentazione”. La “catena” funziona più o meno così. Lo staff tecnico e l’allenatore forniscono al professor Galanti i dati di ogni singolo atleta e, in base a questi, vengono studiate delle tabelle nutrizionali personalizzate. Singolo per singolo. Ruolo per ruolo.
Esempio pratico. “Entro mezz’ora dalla fine di una partita (finestra metabolica nella quale l’organismo, dopo uno sforzo, assorbe il cibo nel migliore dei modi) diamo ai ragazzi degli alimenti liquidi (frullati, centrifughe) composti per tre quarti da carboidrati e per un quarto da proteine. Ognuno di questi è diverso, in base a metabolismo basale, struttura fisica e ruolo. Un difensore, tanto per capirsi, consuma diversamente da un centrocampista. Stesso discorso per l’intervallo tra il primo e il secondo tempo. Dopo la doccia, poi, serviamo un pasto solido”. Tipo? “Ultimamente abbiamo introdotto il sushi, perché unisce i carboidrati del riso alle proteina nobili del pesce”.
Un altro aspetto innovativo del metodo Fiorentina è quello della prevenzione: limitare gli infortuni attraverso il cibo. “Preferiamo dar da mangiare piuttosto che far prendere pillole o pasticche. Da questo presupposto, per esempio, è nato il gelato alla barbabietola”. E qua si capisce quanto sia fondamentale il lavoro di squadra. “Io posso avere una grande idea – spiega il nutrizionista – ma se non ci fosse chi sa cucinare bene (lo chef e i suoi due collaboratori ndr) sarebbe inutile”. Questione recupero. “Forse, per un atleta, il momento più importante”. Ecco perché lo staff viola ha studiato anche lo spuntino “notturno”. “Un frutto, uno yogurt, o anche un bicchiere di latte caldo perché il calore, questo è provato, concilia il riposo”.
Cristian Petri aiuta anche a smontare alcuni luoghi comuni. Tipo. È vero che uno sportivo dovrebbe evitare gli alimenti contenenti glutine? “Non ci sono basi scientifiche che lo dimostrino. Anzi. Per un non celiaco assumere cibi “gluten free” può essere addirittura controproducente”. E la cultura del biologico? “Il bio è un marchio. Significa poco. I consigli sono quelli di preferire frutta e verdura di stagione e di prestare attenzione alla provenienza degli alimenti ma leggendo bene le etichette. È chiaro che le arance siciliane siano preferibili, ma se ci mettono un mese ad arrivare a Firenze allora meglio l’arancia dell’orto del vicino”.
Matteo Magrini – La Repubblica