È stata quella scaturita all’ingresso nello spogliatoio di Edo De Laurentiis, vice presidente, il figlio del patron, che alla fine della partita col Salisburgo ha annunciato che il ritiro sarebbe continuato. I giocatori, già in subbuglio dal lunedì, quando avevano appreso da alcuni organi di stampa e non dal club della scelta, si sono scatenati.
Il capitano Lorenzo Insigne ha parlato a nome della squadra, ma mantenendo un contegno: «Dì a tuo padre che noi in ritiro non ci torniamo». E poi i senatori del gruppo – da Mertens a Callejon – non hanno esitato a spingere gli altri compagni a una scelta di rottura. Il più duro di tutti è stato Allan che ha avuto momenti di nervosismo urlando in faccia al vicepresidente frasi anche volgari e irriguardose («i tuoi soldi mettiteli…»).
Si è temuto un contatto fisico e c’è voluta tutta la pazienza di Ancelotti (che per questo motivo ha disertato la conferenza stampa) e del d.s. Cristiano Giuntoli per riportare la calma.
Fuoco che covava Per capire come si sia arrivato a tanto bisogna riavvolgere il nastro. Il presidente De Laurentiis è sempre stato uno diretto, anche troppo, ma quando vieni additato ai tifosi ecco che scatta qualcosa nell’orgoglio della persona.
Prendete Callejon e Mertens, due che avranno pur sbagliato qualche prestazione, ma da anni garantiscono un elevato rendimento – sentirsi apostrofati come mercenari («andate pure in Cina a fare una vita di merda») non fa bene. O lo stesso Insigne spesso bacchettato negli atteggiamenti, lui che da napoletano soffre quando le cose vanno male. O ancora lo stesso Allan che, a proposito della trattativa col PSG dello scorso gennaio, è convinto che non tutta la verità gli sia stata detta.
Gazzetta dello Sport