Ieri Prandelli aveva selezionato quelli con cui disegnare la squadra allineata (due segmenti molto stretti e mobili alle spalle di un Vlahovic sperduto) e coperta studiata per opporre all’Atalanta la densità di un 4-5-1 catapulta. La principale missione, tutta nell’urlo ripetuto più volte dal tecnico: «Ordine!». Dunque spazi chiusi e ripartenze, ma sull’unica riuscita (bene), Vlahovic è stato respinto da Gollini e dalla traversa: peccato mortale, quando si sceglie, o meglio si è costretti ad affacciarsi così poco. Molto lavoro in più per Dragowski, che a Bergamo respira sempre aria di prodezze: il portiere ha spento le capocciate di Zapata (due) e Romero, non la testa dura dell’Atalanta e del suo centravanti, che prima del riposo – fondamentale – ha confezionato di tracotanza l’assist per l’1-0 di Gosens. Troppo bassa e schiacciata per scamparla, quella Fiorentina: anche con un Castrovilli in più.
Occasioni zero, e quando Prandelli ha scelto di spendere la qualità di Callejon (appassita) e di Ribery (perlomeno vibrante) per un 4-2-3-1 molto liquido, con Amrabat rinculante e il francese oscillante da sinistra verso il centro, l’Atalanta era già scappata. Aveva abbagliato la compagnia viola con un raggio laser su punizione di Malinovskyi, ha punito il suo coraggio tardivo appena 5’ dopo l’all in del tecnico, con un 3-0 tutto made in difesa: assist di Djimsiti, gol di Toloi, applausi del Papu in panchina, la testa (e i cambi) di Gasperini alla Juve. E un po’ anche al sorteggio Champions di oggi. Lo riporta La Gazzetta dello Sport.