Quando Pantaleo Corvino racconta il suo Lecce usa una parola specifica: «Intravedere». Un termine che racchiude concetto, metodo, competenza. La squadra rivelazione della serie A è anche quella più giovane, con il monte ingaggi più basso (17 milioni di euro lordi), che lancia senza paura sette ragazzi della Primavera. E gli altri li va a pescare affidandosi al genio di un guru del pallone (e del suo braccio destro, Stefano Trinchera), che guarda oltre quello che è sotto gli occhi di tutti.
«Idee e creatività, è l’unico modo. Amo troppo questo lavoro. Chi mostra subito qualità importanti ha costi proibitivi. Andiamo oltre, proviamo a capire le potenzialità di un ragazzo. Intravedere è un’arte».
Così nasce il Lecce terzo in classifica, imbattuto, 11 punti in 5 giornate come mai aveva fatto nella sua storia in serie A. Al Via del Mare sono cadute Lazio, Salernitana e Genoa: tre vittorie in casa come in tutta la passata stagione. «Sono risultati frutto del lavoro fatto dalla società e da mister D’Aversa», spiega Corvino.
È tornato al Lecce tre anni fa, chiamato dal presidente Sticchi Damiani. La crescita è stata costante. Dalla B alla A, una salvezza tranquilla e in estate un mercato sostenibile: confermata in blocco la difesa della scorsa stagione (al netto di Umtiti), investimenti mirati su centrocampo e attacco. Ecco allora in mediana Ramadani, Kaba e Rafia, sull’esterno Almqvist e come punta Krstovic (totale speso poco più di 7 milioni), che ha già segnato tre reti: «Ha il senso del gol di Vlahovic», dice Corvino, ricordando una delle sue intuizioni, il 9 oggi alla Juve, che lui acquistò per 1,5 milioni ai tempi della Fiorentina.
Il segreto? «Ho i miei parametri. Quando osservo un ragazzo guardo la sua destrezza con la palla. La facilità con cui gli riescono le giocate». Studio e intuito, lo stesso che lo ha portato a mettere D’Aversa sulla panchina lasciata libera da Baroni: «Conoscevo la sua cultura del lavoro, sceglierlo è stato facile. È l’uomo giusto al posto giusto».
Sfidare la Juve da terzo è un premio per chi ha scalato tutti i gradini del pallone, gli manca solo lo scudetto, l’unico cruccio. Ritroverà oltre a Vlahovic anche Chiesa: «Federico ce lo portarono che aveva 12 anni. Penso di essere stato importante per la sua crescita. A lui e a Dusan voglio molto bene. Loro me ne vogliono meno, ogni volta che li affronto segnano sempre!». Farlo anche stasera non sarà facile. Lo scrive il Corriere della Sera
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