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Palladino: “Un grande onore lottare con Bologna, Lazio e Roma. Pradè non mi ha tirato le orecchie”

Firenze, Stadio Artemio Franchi, 16.03.2025, Fiorentina-Juventus, foto Lisa Guglielmi. Copyright Labaroviola.com

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Palladino: “Un grande onore lottare con Bologna, Lazio e Roma. Pradè non mi ha tirato le orecchie”

Redazione

24 Marzo · 14:00

Aggiornamento: 24 Marzo 2025 · 14:04

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Raffaele Palladino ha concesso una lunga intervista al Corriere fiorentino dove ha toccato tanti temi della sua esperienza in viola

Raffaele Palladino ha parlato al Corriere fiorentino, queste le parole dell’allenatore della Fiorentina:

«È stata una partita perfetta sotto tutti i punti di vista. Perché siamo stati sempre in controllo. Una prova di maturità della squadra perché abbiamo capito quando dovevamo difendere bassi e quando andare a prenderli alti. Partita fantastica».

È rimasto sorpreso?

«No perché i segnali c’erano già stati nel secondo tempo di Napoli e per gran parte della partita contro il Panathinaikos. Nello spogliatoio avevo percepito qualcosa di diverso. Ho ascoltato i ragazzi e sentito la loro convinzione, che ci credono».

Sei squadre in sei punti, tutto è aperto. Che significato ha una vittoria così a questo punto della stagione?

«Intanto entusiasmo, consapevolezza, autostima. Penso che queste siano le tre componenti più importanti. E ovviamente slancio. Il fatto che noi siamo lì, che ce la stiamo giocando con la Lazio, con il Bologna, con il Milan, con la Roma, è un motivo di grande orgoglio. Questi ultimi due mesi vogliamo giocarcela come le ultime due partite».

Quindi con un blocco definito di giocatori?

«Ci sono delle fasi della stagione in cui ti puoi permettere di far girare tutti, adesso è il momento di andare al sodo. Conterà solo la meritocrazia. È il momento dei risultati».

Possiamo considerare Atalanta e Milan come un bivio?

«Secondo me no, ma sono due gare molto importanti contro squadre differenti tra di loro: l’Atalanta ambisce a posizioni molto alte, il Milan lotta con noi. Però abbiamo nove finali da prendere tutte con la stessa mentalità. È è un campionato molto equilibrato e tutti i punti contano».

Striscia di vittorie record e momenti di buio. Come se lo spiega?

«Io credo che sia anche normale durante una stagione avere degli alti e dei bassi. È vero che noi siamo stati un po’ altalenati, direi estremi, da otto vittorie di fila a momenti no. Però io credo che un gruppo se non è solido e forte non viene fuori da situazioni di estrema difficoltà. Soprattutto penso che l’episodio di Bove avrebbe potuto segnare la nostra stagione. Invece i ragazzi hanno reagito alla grande, sono venuti fuori. Ci siamo rialzati tante volte».

Ma la classifica della Fiorentina è giusta o ci sono dei rimpianti per i punti persi?

«Sicuramente ci sono, perché aver perso dei punti con le squadre che sono più basse in classifica è un rammarico. Però abbiamo vinto con la Juve, con il Milan, con la Lazio, con l’Inter. Nell’arco del campionato ci sta avere dei passi falsi, se la classifica è giusta o non giusta lo vedremo alla fine».

Come mai secondo lei la Fiorentina ha trovato più risultati con le grandi rispetto alle piccole?

«Le grandi squadre tendenzialmente vengono a prenderti più in avanti e quindi tu devi attirarli per poi andare a giocare in contropiede e noi abbiamo i giocatori per questo. Nella parte centrale del campionato abbiamo trovato difficoltà con chi si difendeva basso, ma credo che sia stato anche a causa nostra perché eravamo nel pieno dei cambiamenti dovuti al mercato, in estate e a gennaio».

Parliamone allora di questi mercati. Lei si è trovato al centro di una rivoluzione per due volte. Questo l’ha costretta ad assemblare continuamente la squadra modificando anche i moduli. Quanto ci vuole per prendere e rimettere insieme un «giocattolo» che funziona?

«Una bella domanda. Abbiamo cambiato 19 giocatori e questo comporta delle difficoltà che sono un bene perché si cresce. Quanto tempo serve? Non lo so. Il tempo è il lavoro, quanto ne metti durante la settimana, quanto i ragazzi riescono a recepire. Magari ti accorgi che stai lavorando tanto durante la settimana, ma che la squadra non sta crescendo. Poi all’improvviso ti sboccia tra le mani».

Questa stagione a Firenze per lei è una specie di master, per le tensioni e il peso di guidare una squadra importante. Sente di essere cresciuto?

«Moltissimo. Tante difficoltà, tanta crescita, tanto lavoro. Io vivo per la Fiorentina il 99% della mia giornata. Sapete che ce la metto tutta, col cuore, col corpo, con l’anima, per cercare di portare più risultati possibili, perché questo lavoro mi piace tantissimo. Ho conosciuto un altro sistema di gioco, oltre il 3-4-3, con il 4-2-3-1. Adesso abbiamo messo in piedi il 3-5-2, quindi ho fatto delle nuove esercitazioni e cambiato la gestione del gruppo. Tutte cose che a Monza non avevo vissuto. Per me questa stagione è una scuola fondamentale».

Tra queste c’è anche il doversi confrontare con le critiche. Dopo questi mesi vissuti a Firenze ha iniziato a capire quanto siano i passionali i fiorentini, nel bene e nel male? Riesce a viverli un po’?

«In questi mesi sono stato molto al Viola Park, ma la promessa è che cercherò di stare di più in città ora che mi sono trasferito in centro. In questa settimana dopo la Juventus non sono riuscito a girare per Firenze senza che qualcuno mi fermasse per offrimi la colazione, altri la cena, gente che voleva fare le foto per strada. Questo fa capire lo spirito del tifoso e quanto amore ci mette per questa maglia. Alcune delle critiche che ho ricevuto sono state giuste, d’altronde in alcuni momenti non abbiamo ottenuto risultati e il gioco faceva fatica ad arrivare. Cerco di prendere le critiche con leggerezza».

In alcuni casi però l’abbiamo visto arrabbiato…

«Non mi piace quando vengono dette falsità, quando si parla male del gruppo e si dice che non è con l’allenatore. Tutte cose non vere. Questo mi ha dato fastidio».

Anche il direttore sportivo Daniele Pradè dopo alcune sconfitte non è stato tenero…

«Ma io non l’ho vissuta male, ma solo come un direttore che giustamente deve dare un po’ una scossa all’ambiente. Ho grande stima e grande amicizia con la società a partire dal presidente Commisso. È ovvio che gli allenatori sono giudicati per i risultati. Ma ripeto non mi sono sentito tirato per le orecchie, se ci fosse stato qualcosa di più il direttore me ne avrebbe parlato».

Ha parlato dell’unità del gruppo, ma molti di questi giocatori sono in prestito. Una delle sue priorità per il prossimo anno sarà chiedere prima di nuovi innesti la conferma di chi è già a Firenze?

«Credo che quando fai tanti cambiamenti e scegli gli uomini giusti, prima dei calciatori, è giusto poi andare avanti insieme perché la Fiorentina sta creando un’ossatura forte che servirà per tanti anni. Andrà solo inserito qualche valore aggiunto. Io però so di non chiedere sforzi la società, dal presidente Commisso in giù, la pensa allo stesso modo».

Quindi nelle sue squadre bisogna essere prima uomini e poi calciatori?

«Per me è così. Prima che un giocatore sia acquistato, prendo informazioni, faccio delle telefonate. Ho notato che tante volte se non hai dei veri uomini nel gruppo nei momenti di difficoltà li perdi, mollano. Invece gli uomini veri lottano con te, hanno senso di appartenenza e avere un’ossatura italiana aiuta».

Il blocco azzurro che si è creato a Firenze è anche quindi su sua indicazione?

«Io devo solo ringraziare la società perché la mia idea è stata sposata subito da Prade, Goretti, Ferrari e naturalmente dal presidente Commisso».

Dopo il gruppo, i singoli. Kean è la scommessa capolavoro di questa Fiorentina…

«Era un mio pallino da due anni. Vedevo in lui il mio centravanti ideale. Qui ha trovato un ambiente dove tutti quanti l’hanno accolto bene, è stato amato e si è fatto amare. Ma può crescere ancora. Ha il merito di aver fatto uno step di maturità e di ambizione».

Una maturità che se dovesse arrivare l’offerta per la clausola potrebbe fargli scegliere di restare comunque?

«Conoscendo bene Moise con cui ho un rapporto fraterno so che riconosce quanto questa piazza, questo gruppo e questa società gli hanno dato. È un ragazzo di cuore e molto sensibile».

Zaniolo e Colpani sono invece le scommesse finora più difficili…

«Per Nicolò stravedo perché ha grande qualità. Ha avuto delle difficoltà in questi ultimi due anni ma qui ha trovato un ambiente che crede in lui. Riguardo ad Andrea le sue difficoltà sono state più di adattamento a al sistema di gioco. Non riusciva a rendere al massimo a livello tecnico ed è stato anche troppo generoso. Ma di questo gli va dato merito. Io soffro per tutti i giocatori e quando non rendono al 100% la sento come una sconfitta e me ne prendo la responsabilità».

L’esplosione di Comuzzo è un altro dei suoi meriti. Quando ha sentito che offrivano 40 milioni cosa ha pensato? Che erano troppi?

«Mi sono sentito molto orgoglioso perché un ragazzo che veniva dalla Primavera e fa un campionato titolare in Serie A a grandissimi livelli e raggiunge anche la Nazionale se mi permettete per un allenatore è un motivo di grande orgoglio. Sono felice sia rimasto. Riguardo alla valutazione credo che a volte i valori dei giocatori vengono troppo esaltati facendo del male ai ragazzi. Comuzzo però credo che abbia un grandissimo futuro e la sua valutazione potrebbe anche crescere».

Capitolo Bove. Ormai è quasi un componente del suo staff. In panchina si alza, da indicazioni. È una storia nella storia…

«Bove è un mio collaboratore, un mio fratellino. Gli voglio troppo bene, ha una mente che è troppo matura per l’età che ha. Una persona molto intelligente e ovviamente lo coinvolgo spesso, gli chiedo pareri tecnici dopo la partita, su come ha visto la squadra. Mi dà una grande mano sinceramente, ma io non riesco a pensare all’ipotesi che Edo non possa più giocare. Sarà lui a scegliere decidere e di sicuro se un domani dovesse smettere di giocare, lui sa che nel mio staff ci sarà sempre posto per lui».

Chiudiamo con la Conference. Sarà l’anno giusto per riscattare le due finali perse?

«Vogliamo passare il turno e arrivare il più lontano possibile perché ci regala anche molto entusiasmo. Adesso viene il bello».

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