Luis Muriel è arrivato e si allena con la prima squadra. Buon anno e buon lavoro al colombiano. Non è come fare un gol, ma quasi… Un calciatore (vero stavolta, non la classica scommessa) che arriva il primo giorno di mercato e va in ritiro, non lo vedevamo da tempo. Abituati ad acquisti low cost dell’ultimo minuto… E invece, almeno in questo, il cambio di rotta è evidente. Poi, come giocherà il colombiano: prima, seconda punta, esterno, con o senza Simeone, sinceramente ci interessa poco. Quantomeno è compito di Pioli che, da adesso, non ha più alibi. Europa League doveva essere, Europa League dovrà essere. A maggior ragione se gli verrà preso un regista, prossimo obiettivo di Corvino.
- Ci fanno sapere dalla Fiorentina che non è impresa facile (e su questo…) Che a gennaio non sempre si trova ciò che si vuole (e anche su questo caro Pantaleo…) Che, allo stesso tempo, il regista (o vertice basso che dir si voglia) è una priorità. Magari a fine mercato, ma resta una priorità. Alleluja, aggiungiamo noi. Anche perchè l’obiettivo è di avere due calciatori forti in ogni ruolo. Si potrà discutere sulla valenza del termine forte: Hancko e Biraghi sono forti? Veretout e Dabo sono forti? Potremmo proseguire con Muriel-Simeone, Milenkovic-Pezzella, Benassi-Edimilson, insomma… per la Fiorentina la qualifica di calciatore forte è questa. Se ci fate caso però, l’unico ruolo scoperto in questo senso è quello del regista: casella nella quale c’è il solo Norgaard. Da qui la necessità di prendere un metronomo, un vertice basso, un organizzatore di gioco… uno che ufficializzi il ritorno di Jordan Veretout al ruolo di mezzala. Ecco perchè battiamo su questo tasto: ci vuole un secondo regista per non indurre in tentazione Pioli a rimettere Veretout fuori ruolo. Alla ripresa del campionato Norgaard ha l’influenza? Bene, a disposizione c’è Mister X (Pereira, Viviani, Pulgar, Diawara… scegliete voi), ma il diktat è quello: la Fiorentina da qui a fine campionato giocherà con il regista. Un regista vero, di ruolo, e non con uno adattato. E se mister X non è pronto, gioca Norgaard, che a Genova ha fatto un deciso passo in avanti. Caro Pantaleo, attendiamo fiduciosi.
Chiudiamo con un amarcord, targato Fatih Terim. Era il 6 gennaio 2001, Fiorentina di scena a Torino contro la Juventus. L’imperatore, reduce dalle vittorie con Inter, Verona e Udinese, viveva il suo massimo periodo di grazia. Sette giorni dopo il 4-0 casalingo sul Milan, sublimazione assoluta del suo credo: pressing, intensità, velocità, e smisurata fiducia nelle proprie possibilità. Ai limiti della presunzione. Tralasciamo i dettagli della partita (doppio vantaggio viola, recupero e sorpasso bianconero, pareggio finale di Chiesa su punizione), quello che invece vogliamo evidenziare è la mentalità, il coraggio, l’intraprendenza di un undici che dopo il gol del 3-3 continuò ad attaccare. Continuò a proporre gioco, ad aggredire l’avversario, forte di una condizione fisica senza precedenti e di una determinazione… anche quella mai vista. La Fiorentina di Terim giocava col 4-3-1-2 (riciclabile in un attuale 4-3-2-1) con Torricelli-Repka-Pierini difensori bloccati, Vanoli a metà del guado come Biraghi, un tridente offensivo formato da Rui Costa, Chiesa e Nuno Gomes. Paragonabile a Muriel, Chiesa (figlio) e Simeone. Ecco… noi non siamo allenatori, siamo semplici giornalisti, che hanno vissuto e gioito di “quella” Fiorentina. Che provava a vincere su ogni campo d’Italia. Anche a rischio di perdere la partita. Ecco perchè Stefano Pioli non può girare la testa dall’altra parte e restare chiuso in se stesso. Pioli deve prendere esempio, prendere spunto. Perchè Firenze ha il diritto di provarci. Anche in questo caso, buon anno e buon lavoro mister.