
La prestazione top contro il Milan (quarta vittoria nelle ultime cinque partite) ha avuto anche l’effetto di ingentilire i numeri della Fiorentina, oltre che le espressioni dei protagonisti e i pensieri dei tifosi sulle opportunità in questi ultimi tre mesi della stagione. E in vetrina c’è un dato che farebbe impazzire di gioia tutti gli allenatori, figuriamoci Italiano che si è sempre presentato come un filosofo dell’inclusione totale delle anime, a cominciare da quelle di chi gioca meno: nessuna squadra di serie A ha avuto più benefici dai subentranti, se è vero che le «riserve» hanno aggiunto 11 gol al malloppo della Fiorentina. Non è un dato da poco, a pensarci bene. Significa che in termini di coinvolgimento non c’è molta differenza fra chi ha l’«onore» di partire titolare e chi, invece, resta in panchina sperando di avere una chance nel corso della partita.
In termini di feeling con i giocatori, è più o meno il massimo per un tecnico: significa che la condivisione dell’obiettivo finale prescinde dalla visibilità personale, mica male in un mondo come quello del calcio in cui l’Ego (e maiuscola) è protagonista assoluto. E significa anche che il concetto di «essere decisivi» è stato metabolizzato e sganciato dalla visibilità personale. Volendo filosofeggiare ancora di più: la possibilità di guadagnarsi il «rispetto sociale» all’interno del gruppo non dipende dunque dalle gerarchie, ma dal contributo che si aggiunge per il bene generale. Molto più prosaicamente, è vero anche che chi subentra fa parte di un meccanismo che conosce bene: dunque la qualità degli allenamenti è molto alta e – torna ancora una volta questo termine – inclusiva. Quattro vittorie nelle ultime cinque partite hanno indirizzato il timone verso una morbidità condivisa, compresa quella della critica. Anche perché nel calcio l’ultima parola è sempre quella dei risultati: quando arrivano significa che si è lavorato bene. Lo scrive La Nazione.