Papa Waigo, ex giocatore della Fiorentina ai tempi di Prandelli, ha parlato a Il Posticipo, queste le sue parole:
Papa Waigo, che cosa fa oggi?
Vivo in Senegal. Nel 2005 ho aperto una scuola calcio qui: sapevo già di volere restare in questo mondo dopo il ritiro. Nel 2019 ho smesso di giocare, ho preso il diploma da allenatore Uefa B e sono tornato a casa per riprendere in mano la mia accademia che era in piedi a Saint-Louis, la città dove sono nato. Voglio aiutare i ragazzi, dargli l’opportunità di sfondare e andare in Europa.
Si è dedicato a qualche altra attività a parte il calcio?
Ho fatto investimenti su alcuni appartamenti in Senegal. Quando un rubinetto si chiude, bisogna aprirne un altro. Mi dedico alla scuola calcio prima di tutto. È un progetto enorme, servono molti soldi e tanto tempo. Penso a questo, mi basta per il momento.
Com’è diventato calciatore?
È cominciato tutto giocando per strada, il pallone era l’unica cosa che avevamo per divertirci. Piano piano ci ho preso gusto. Poi sono entrato in una scuola calcio molto importante, anni dopo ho avuto l’opportunità di andare al Verona ed è partito tutto.
Che cosa facevano i suoi genitori?
Mia madre era casalinga e si prendeva cura della famiglia, mio padre faceva l’ingegnere e portava a casa i soldi necessari per comprare da mangiare. In Senegal funziona così. Lui seguiva molto il calcio, ma non ha mai giocato ad alti livelli.
Lei vedeva il calcio italiano da ragazzino?
Sì, guardavamo la Serie A con Diego Armando Maradona, il mio mito viola era Gabriel Omar Batistuta. Poi gli italiani Paolo Maldini e Alessandro Del Piero, prima ancora Roberto Baggio: tutti grandi giocatori che hanno reso bello il vostro calcio. Io li guardavo in televisione e grazie a Dio li ho conosciuti. Quando ho sfidato Del Piero ho vissuto una delle mie giornate più belle.
Nel 2002 il Senegal è stata la sorpresa dei Mondiali: che cosa ricorda di quell’estate?
Ero a Verona infortunato, mi avevano operato al menisco. Quando il Senegal ha vinto contro la Francia, mi sono dimenticato del dolore e mi sono messo a camminare. Il giorno dopo il mio ginocchio era tutto gonfio, ma il mio cuore era pieno di gioia lo stesso. Quel sentimento mi ha spinto a giocare con il Senegal, difendere i colori della nostra nazionale mi ha reso un uomo felice.
Qual è stato il momento più bello vissuto con la nazionale senegalese?
Il primo giorno che ho indossato la maglia. Ho esordito nel 2006, allora c’erano ancora tanti eroi del 2002. Quando sono stato convocato per la prima volta, ho provato una gioia immensa. Quel passo mi ha aiutato tanto per andare avanti nella mia carriera.
Come vede il Senegal al Mondiale in Qatar?
Alla vigilia abbiamo perso Sadio Mané. È un giocatore importantissimo, perderlo sette giorni prima del torneo è stata una brutta botta. Ci mancano la sua maturità e la sua esperienza. I ragazzi devono dimostrare che si meritano di indossare la maglia del Senegal. Possono passare il girone. Abbiamo ancora il destino nelle nostre mani.
Samuel Eto’o ha pronosticato una finale tutta africana: è solo una provocazione o c’è qualche possibilità?
L’Argentina ha perso contro l’Arabia Saudita e nessuno poteva immaginarlo. Il calcio è cambiato tanto, i nomi non bastano più. Tutti provano a dire la loro. Chi gioca con serietà può fare bene, chi pensa di vincere perché è grande sulla carta non va lontano. In finale può andare chiunque. Mi piacerebbe andare a tifare in Qatar, ma devo restare in Senegal per seguire la mia accademia. Alcuni ragazzi presto dovranno andare in Europa per fare dei provini e io devo esserci per loro.
Torna in Italia a volte?
Sì, mi muovo spesso tra Italia e Francia. Mi piace prendermi un paio di giorni di vacanza e passarli nel vostro Paese quando posso perché sono rimasto legato a Firenze. Ho vissuto un bellissimo periodo. Ricordo quando abbiamo battuto la Juve con un mio gol e poi siamo andati in Champions League, i tifosi me lo ricordano ancora. Sono rimasto legato alle città italiane in cui ho giocato.
A Verona lei è stato compagno di Vincenzo Italiano attuale allenatore viola: com’era da calciatore?
Era il mio capitano. Io ero giovane, lui mi ha aiutato tantissimo. Era un maestro sia sul lungo che sul corto, era già un allenatore in campo. Quando è arrivato alla Fiorentina sono andato a trovarlo, abbiamo parlato di tante cose. Conosco l’ambiente per questo ho voluto dargli qualche consiglio. Nella scorsa stagione ha fatto benissimo. È giovane e può crescere ancora come mister.
La sua Fiorentina può vincere la Conference League?
La cosa più importante è avere un gruppo che crede nelle idee dell’allenatore. La sua Fiorentina deve essere più concentrata per prendere meno gol, poi c’è tutto quello che serve per vincere. Nel calcio però è difficile fare pronostici, ogni gara è una sorpresa.
Che cosa le ha lasciato invece l’esperienza con Gian Piero Gasperini al Genoa?
È stato il primo allenatore a portarmi in Serie A. Abbiamo avuto un bel rapporto. Il mister aveva bisogno di un calciatore di fascia come me per il suo 3-5-2. Gasp credeva in me, ma ha avuto poca pazienza e ho fatto fatica. Negli ultimi anni il mister è riuscito ad esaltare la sua Atalanta. È un allenatore moderno, ha creato un bel gioco basato sull’uno contro uno che è diventato un modello.
A proposito di grandi uomini di calcio: com’è stato giocare con Christian Vieri a Firenze?
Speciale! Ero abituato a vederlo in televisione, grazie a Dio sono riuscito a diventare suo compagno. Una volta eravamo insieme in panchina, ad un tratto mi ha detto: “Papa, ora entro, faccio gol ed esulto con il tuo balletto”. Non credevo che lo avrebbe fatto. Lui è un grande uomo, molto generoso. Mi piace chi resta umile e aiuta i giovani anche se ha vinto tutto. Quando l’ho visto festeggiare col balletto mi sono messo a piangere. Quando torno in Italia incontro Bobo a qualche evento. Ogni tanto sento suo fratello Max.
Qual è stata l’esperienza più bella fuori dall’Italia?
Ho giocato in Inghilterra, in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi dove ha allenato Maradona. Con il Southampton ho disputato l’FA Cup ed è stato bellissimo. La Fiorentina ha fatto di tutto per farmi rientrare dopo il prestito. Fosse stato per me non me sarei andato via. Il mio modo di giocare era perfetto per il calcio inglese. Si andava forte sulle fasce, poi c’erano aggressività e grinta.
Ha un sogno per il futuro?
Voglio trasmettere la mia esperienza ai ragazzi più giovani e contribuire allo sviluppo della loro carriera. Voglio stare bene con la mia famiglia e con i miei figli. È bello essere di nuovo in Senegal, sono stato lontano da qui per 20 anni e sto bene nella mia terra. Ogni tanto torno in Italia. Sto facendo crescere ragazzi interessanti per la vostra Serie A e per i principali campionati europei.
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