Esiste, perlomeno sul dizionario, una netta distinzione tra il termine ”sfottò” ed il termine ”provocazione”. Il primo, decisamente di sana concezione, rappresenta una delle sfaccettature più culturalmente fondanti del concetto di tifo, e attiene al vivere il confronto con la tifoseria avversaria con sana goliardia ed assoluto rispetto dei valori che regolano il rispetto reciproco e lo sport in generale.
Purtroppo, specie in circostanze di particolare tensione emotiva, quella che dovrebbe essere la celebrazione per antonomasia del tifo, della passione e del sostegno per la propria squadra del cuore, diventa la strumentalizzazione dell’esatto opposto.
Quanto accaduto nella serata di sabato sugli spalti dell’Artemio Franchi nel corso ed al termine della partita tra Fiorentina ed Inter funge tristemente da esempio di questa siderale differenza, che pone l’accento sulle due facce della stessa medaglia: quella del tifo.
”Due colpevoli non fanno un innocente” Così, tempo fa, il noto giornalista, dirigente e cronista sportivo Mario Sconcerti aveva commentato le vicende di Calciopoli, che a suo dire avrebbero dovuto coinvolgere anche altre società avvalsesi, a differenza della Juventus, semplicemente dell’istituto della prescrizione. Ebbene, tale dicitura risulta terribilmente calzante con i fattacci del Franchi, banalmente perchè provocare, insultare, denigrare un tifoso della squadra avversaria (per di più a casa sua) è senz’altro sbagliato, dannoso, inutile e soprattutto lesivo dei valori dello sport che amiamo. Ma quanto è sbagliato, di contro, ritenere di poter rispondere ”rilanciando” con un’aggressione fisica? Evidentemente tanto, almeno secondo l’opinione di chi vi scrive, e non c’entra nulla la controversa direzione arbitrale di una partita che l’Inter avrebbe certamente dovuto giocare in inferiorità numerica, non c’entra nulla che il contatto tra Dzeko e Milenkovic sul contropiedee del 3-4 interista potesse essere considerato falloso.
Non c’entra nulla, e non di certo perchè si voglia sfociare in facili o ”modaioli” moralismi, ma semplicemente perchè nessuno, nemmeno chi (sbagliando di grosso) provoca e insulta per novanta minuti merita di ricevere un trattamento che minaccia la sua incolumità fisica come accaduto al tifoso-disturbatore dell’Inter presente in tribuna. Tutte queste dinamiche, è bene rimarcarlo come peraltro specificato nel titolo, non giovano a nulla ed a nessuno, distolgono l’attenzione da quello che accade nel rettangolo verde, che dovrebbe essere l’unica e sola ragione che spinge un tifoso a recarsi allo stadio. Strumentalizzare il calcio, che soprattutto in questo paese avrebbe l’opportunità di giocare il ruolo di un’ importante risorsa sociale, è esattamente il contrario di quello di cui abbiamo bisogno. Calcio pulito, tifo pulito, da ambedue le tifoserie: questo non si chiama moralismo, questo si chiama buonsenso.