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Sentite Cecchi: “Ikone? Un talento in crisi da aspettare, non bruciamolo”

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Sentite Cecchi: “Ikone? Un talento in crisi da aspettare, non bruciamolo”

Redazione

24 Agosto · 08:45

Aggiornamento: 24 Agosto 2022 · 08:45

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Moena, stadio Benatti, 18.07.2022, allenamento, foto Lisa Grelloni. Copyright Labaroviola.com

Io lo aspetto ancora. Potrebbe sembrare un atto fideista, invece a me il fatto di non chiudere ancora la porta in faccia a Jonathan Ikone pare un ragionamento figlio della razionalità, un atto necessario e pure pratico per la causa viola. Certo, domenica scorsa le sue pagelle sono state un pianto greco. Con l’Empoli la sua è stata una partita senza morsi, di molti errori e poche cose giuste, specchio di un giocatore che sembra essersi smarrito dentro un labirinto di incertezze. Ora: Cabral tempo fa di di lui disse che «fa sembrare facili le cose difficili». Oggi i tifosi viola hanno al contrario l’impressione che costui difficilizzi le cose facili. Che, dopo un primo tocco di palla promettente, si smarrisca in una confusione tattica evidente, alzando polveroni inconcludenti. Come se nel suo calcio selvaggio non fosse contemplata la parola «schema». Come se fosse frenato dall’idea costante del dover stare dentro un percorso di gioco invece di cavalcare selvaggiamente quelli che erano i sentieri del suo calcio anarchico. 

Un modo di giocare che si coniugava alla perfezione con i dettami del football poco codificato del Lille di mister Galtier, campione di Francia a sorpresa grazie alla velocità e alla creatività dei singoli. Già, la creatività del singolo. Roba che Ikone dentro di sé ha eccome, visto che in Francia lo ricordano ancora come «il gemello di Mbappè». E lo ricordano non solo per la fisiognomica simile (entrambi sono nati a distanza di poche settimane a Bondy, nell’Ile de France, dove hanno iniziato, uno accanto all’altro, a tirare calci nella squadra cittadina allenata dal padre del campione del Psg), ma anche per le movenze da pantera e per quello sbranare le partite in solitario che da ragazzini avevano i due: ai tempi della scuola a Jonathan e Kylian era fatto divieto di giocare assieme per evitare gare troppo squilibrate. C’è addirittura chi sostiene che, al tempo, Ikone fosse più forte perfino di Mbappe. Ora, per carità, il talento se non è accompagnato dalla disciplina può fermarsi e pure dissolversi. Ma in una squadra parca di campioni assoluti e deficitaria di tasso tecnico, vale la pena buttare via frettolosamente un’ipotesi così evidente di giocatore sopra la media? Uno che Didier Deschamps, ct francese, per la capacità di cambiare ritmo a scosse improvvise ha chiamato «pila elettrica»? Sì, io lo aspetto Jonathan Ikone da Bondy. Perché la velocità, la classe, la capacità di saltare l’uomo nell’uno contro uno sono doti naturali che nessuno può sottrarti, mentre l’abilità tattica, il cinismo sotto porta, l’educazione al gol è roba sulla quale lavorarci sopra, che si apprende se c’è la volontà al sacrificio. Lo aspetto Ikone, calciatore ancora inconcluso, probabilmente non associativo ma potenzialmente ciclonico, che può far volare la Fiorentina. Lo aspetto perché convinto che abbia dentro territori inesplorati di calcio, roba che profuma di futuro buono. E Firenze, fin qui, ne ha fatti fuori già troppi di calciatori bravi sul patibolo ingeneroso dell’impazienza. Lo scrive Stefano Cecchi su La Nazione.  

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