Nelle pagine del Corriere dello Sport, troviamo l’editoriale di Ivan Zazzaroni: “Ecco cosa ho pensato non appena Marinelli s’è visto circondato dai giocatori di Milan e Fiorentina: vedrai che aspetta il Var, sono sicuro che non prenderà una decisione autonoma. Questo ho pensato: quanta malizia (o esperienza)! In molte fasi della partita l’arbitro era stato il bersaglio preferito dei diabolici coristi. “Marinelli figlio di puttana” aveva superato per frequenza di ripetizioni l’assai più popolare
“Pioli is on fire” dell’anno dello scudetto. Non ce la fa, no: stavolta non regge la pressione. Delega. Potrei anche essermi sbagliato, sia chiaro: sono però convinto che non appena l’hanno richiamato al video abbia provato un senso di liberazione. Mo’ se la grattano a Lissone.
Ripeto da anni che gli arbitri dovrebbero responsabilizzarsi maggiormente nella scrittura delle regole. Dall’incongruenza delle norme nasce la maggior parte dei problemi. Che non sono soltanto loro. Non devono temere l’esercizio dell’interpretazione: ne vanno tuttavia delineati perfettamente i contorni. Livio Marinelli è un maresciallo dell’Esercito e ha 40 anni, è quindi un professionista abituato a prendere decisioni importanti. Ma una cosa è impartire degli ordini a chi deve esclusivamente eseguirli, assai diverso è dover decidere nel finale i destini di una partita, mentre 72mila persone non aspettano altro che assegni il rigore a favore della loro squadra dopo una direzione a lungo contestata.
Se fosse stato lucido, Marinelli avrebbe stabilito all’istante se la brevissima trattenuta di Parisi aveva danneggiato Gimenez, la cui caduta per un colpo mai ricevuto è stata anticipata e ridicola. Ma non l’ha fatto: non è coniglio, è stato solo un arbitro in comprensibile difficoltà momentanea. Tutti noi commettiamo degli errori, ma pochi hanno più occasioni di sbagliare di un arbitro. Per cui chi lo fa, l’arbitro, deve averle quadrate”.