La battuta sorge spontanea: dopo 16 anni di nulla, di finali perse, di semifinali sprecate, di primi turni gettati alle ortiche (vedi il Carpi due anni fa) la Fiorentina dei Della Valle si è aggiudicata due trofei in pochi giorni. Evviva, alleluja, meglio tardi che mai. Etc, etc, etc… Lasciamo stare che sono due quadrangolari, la Cup of Traditions e l’Opel Cup, vinti entrambi ai rigori (a proposito, se Donnarumma vale 90 milioni, quanto vale Lafont?) vincere però non è mai facile. E aggiungiamo anche: “vincere aiuta a vincere”. Da qui a pensare alla prossima Coppa Italia, come possibile primo trofeo vero, serio, ufficiale dell’era Della Valle… il passo è breve. E poi siamo d’accordo con Pioli: non vediamo l’ora che cominci la stagione. Mirallas è ufficiale, Pjaca quasi, in settimana arriverà un altro centrocampista (Sturaro?) insomma… La Fiorentina 2018-2019 prende forma, intriga, incuriosisce, mette appetito. E non vogliamo illudere nessuno come ha fatto Sky, qualche ora fa, dopo l’ufficiosità di Pjaca: “Siamo tornati alle sette sorelle?” No, non siamo assolutamente a questo. Diciamo 5 sorelle maggiori (Juve, Inter, Napoli, Roma e Milan), una sorellastra (Lazio), una cugina, la Fiorentina. Che fa anche rima. E si sa, non c’è cosa più divina…
SETTIMA (Coppa Italia) NON SPRECARE: Ma torniamo alla Coppa Italia. Se c’è una cosa che il pubblico viola rimprovera alla gestione della Valle, è di non aver vinto nemmeno un trofeo. “La gestione meno vincente della storia viola”, si sente dire da più parti. E non conta la finale del 2014, le semifinali europee del 2008 e del 2015, altre semifinali sparse, gli ottavi di Champions League nel 2010. La verità è che la Fiorentina dei Della Valle non ha vinto niente in 16 anni. Nonostante campioni come Toni, Mutu, Frey, Gilardino, Pizarro, Cuadrado, Rossi, Gomez… Niente di niente. Ecco che invece, sulla scia dei due trofei estivi appena conquistati, ci sentiamo di indicare la Tim Cup 2018-2019 come una futura speranza per spolverare quella bacheca pallida, anemica, vero e proprio pomo della discordia. A questo proposito ci viene in aiuto il tabellone: Fiorentina direttamente agli ottavi, avversari Torino o Frosinone, con partita secca e sorteggio del campo (novità che finalmente riequilibria le forze in campo). Quarti con la Roma (magari a Firenze), doppia semifinale con la Juventus e finale. Non è una passeggiata di salute, ma Napoli, Inter, Milan, Lazio… sono tutte dall’altra parte. Ed i viola non hanno l’Europa tra i piedi. Insomma, questo potrebbe essere l’anno buono. E se il buongiorno si vede dal mattino… non c’è due senza tre.
COSA HANNO DETTO I DUE TROFEI? Che la Fiorentina di Pioli difende benissimo, che ha trovato un portiere degno della migliore tradizione, che… non segna nemmeno con le mani. Ci perdonerete la frase da bar dello sport, ma rende l’idea. Tralasciando le due amichevoli con gli onesti montanari di Moena, le reti all’attivo si contano sulle dita di una mano. La sublimazione ieri, nel quadrangolare di Mainz, con zero reti subite e zero realizzate. Massimo risultato col minimo sforzo. E’ il solito discorso della coperta: la tiri da una parte, ti scopri dall’altra. Proteggi la difesa, abbandoni l’attacco. Così è stato l’anno scorso grazie ad una difesa che (salvo rovesci imprevisti ed imprevedibili) ha retto l’urto dei migliori attacchi (vedi il Napoli, zero gol subìti in due partite), colpa di un attacco che, salvo i 14 gol di Simeone e gli 8 di Veretout (gran parte da calcio piazzato), ha mostrato una sterilità preoccupante. E non parliamo di gioco, discreto almeno fino alla tre quarti. Parliamo di ultimo passaggio. Quello che avrebbero dovuto assicurare Saponara, Eysseric, Gil Dias.
UN VALORE AGGIUNTO DI NOME PJACA: Pantaleo Corvino sembra finalmente aver trovato la soluzione a tutto questo: è croato, vice-campione del mondo (addirittura qualche minuto in finale per lui), è giovane, ha voluto a tutti i costi la Fiorentina. Si chiama Marko Pjaca e può essere la coperta della Fiorentina. Il pezzo mancante. Da cima a fondo. Ma andiamo avanti: Marko può fare l’esterno sinistro nel 4-3-3, il rifinitore nel 4-2-3-1, può fare da collante tra i reparti: cucendo il gioco, innescando la punta, andando a concludere. E poi scambiarsi con Chiesa. Il primo ‘95, l’altro ‘97, i due parlano la stessa lingua: tecnica, fantasia, tiro in porta, voglia di fare e dimostrare… Marko Pjaca è la coperta che mancava. In alternativa Mirallas, esterno belga, un po’ più attempato, per questo affidabile. Una sorta di usato sicuro. Anche lui allunga la coperta, quel pezzo che Pioli cercava per la sua Fiorentina. Noi siamo curiosi, e voi?