Christian Riganò, ex attaccante della Fiorentina, si è raccontato in un’intervista a SportWeek, ripercorrendo la sua carriera da calciatore e la sua nuova vita lontano dai riflettori. Oggi, nella sua Firenze, continua a lavorare come muratore, il mestiere che ha imparato da suo padre e che non ha mai davvero abbandonato.
“Due cose mi vengono bene: i gol e le case. E non è che a 40 anni ti reinventi e diventi altro, a star fermo impazzirei. Certo, se avessi dieci milioni in banca vivrei più sereno, quello sì. A Firenze mi vogliono tutti bene, perché ho dato tutto, mica perché ero un campione. Mi riconoscono tutti, pure a lavoro. Ma c’è molto rispetto reciproco. Io il mestiere l’ho imparato da mio padre, era una di quelle professioni per le quali si guadagnava un po’ di più al tempo”.
“A Lipari giocavo in difesa, per divertirmi. Poi una felice intuizione mi ha fatto scoprire l’area di rigore, che è diventata la mia seconda casa. Tanti mi dicono che sono arrivato tardi in Serie A, io rispondo che sono fortunato ad avercela fatta. Mi è mancata solo la Nazionale, l’unico rimpianto. Sarebbe stato il coronamento di una carriera travagliata. A fine 2006 l’Italia giocò un’amichevole quando ero capocannoniere in A con il Messina. Ci ho sperato, ma il Ct Donadoni non mi ha chiamato”.
Un uomo genuino, legato alla sua terra e al suo lavoro, Riganò continua a costruire oggi non più gol, ma case con la stessa passione che lo ha reso uno dei bomber più amati a Firenze.
