La Coppa Italia persa nel 2014 contro il Napoli gli fa ancora male, anche a quasi dieci anni di distanza. Difficile del resto per il Pek mandare giù qualcosa che non gli torna, passasse anche mezzo secolo. O, peggio ancora, sorvolare su un imprevisto che quella sera lui (con la comitiva guidata da Montella) visse come un’ingiustizia: «Se c’è una cosa che spero per la finale di quest’anno non è nemmeno il fatto che sia una bella gara. Mi basterebbe che la partita iniziasse all’orario prestabilito e che fuori dallo stadio non ci fossero fatti cruenti». L’ultima volta che David Pizarro si è giocato la Coppa Italia (trofeo che in carriera ha vinto tre volte, una con l’Inter e due con la Roma) a prendersi la scena fu infatti la brutale aggressione al tifoso del Napoli Ciro Esposito, deceduto due mesi dopo l’accoltellamento. La gara ritardò di oltre un’ora e la sua Viola con la testa colò a picco.
Domani però, Pizarro, sarà una gara diversa…
«E me lo auguro. Anche perché voglio essere chiaro, non c’è alcun pronostico già scritto. È vero, l’Inter è in finale di Champions e fa paura ma la Fiorentina non vince un trofeo da troppo tempo e a questi livelli a fare la differenza è l’entusiasmo».
Addirittura mette le due squadre sullo stesso piano?
«A livello tecnico la Fiorentina non ha niente da invidiare all’Inter».
E invece di Italiano che idea si è fatto?
«Mi piace perché a differenza di tanti è un tecnico che lavora. Ma davvero. Poi penso che a Firenze abbia trovato la sua dimensione, la città che lo sa esaltare. Davanti a sé ha tutte le possibilità per fare una grande carriera».
La finale di domani opporrà anche due tra i migliori play della serie A, Amrabat e Brozovic. Su chi punta?
«Sono due giocatori diversi. Mi preme però ricordare che, così come Italiano è stato bravo a reinventare il marocchino regista, l’uomo che ha saputo davvero esaltare le qualità di Brozovic è stato il mio amico Spalletti. Sofyan mi piace un sacco perché è un tuttofare. Copre ogni parte di campo in modo impressionante mentre l’interista è il classico metronomo» Lo scrive il Corriere dello Sport.