
Se glielo avessero detto tre mesi fa non ci avrebbe creduto. Non avrebbe avuto alcun motivo per pensare, di lì a poco, di avere sulle proprie spalle l’intero attacco della Fiorentina. Perché di questo si tratta. Se oggi la squadra di Italiano riesce in qualche modo a galleggiare tra Europa e campionato, molto lo deve a Christian Kouame, attaccante ivoriano che ad inizio estate voleva lasciare il club viola per essere protagonista altrove. Temeva di non avere spazio, né da punta centrale (dove partiva come terza scelta) né da esterno (dove era il quinto nelle preferenze del tecnico). Eppure oggi i numeri dicono tutt’altro: 14 presenze su 16 partite stagionali (out solo ad Enschede e Empoli) con 3 gol segnati e 4 assist messi a referto per i compagni.
È il giocatore con il rendimento migliore di tutta la squadra. All’interno del gruppo ha un peso specifico. Il suo sorriso è diventato fondamentale anche nei momenti più complicati. Ieri attraverso i social ha parlato da leader: «Grande battaglia in uno scontro intenso ma non abbastanza per portare a casa la vittoria. Felice di aver segnato! Concentriamoci sul grande match che ci aspetta». A Lecce ha limitato i danni. Ed obiettivamente lo ha fatto spesso nel corso di questa stagione. La sua è una di quelle storie da raccontare. L’arrivo giovanissimo dalla Costa d’Avorio, il calcio a piedi nudi in mezzo alla strada e una specie di sogno da trasformare in realtà. Ci crede il Prato, siamo all’alba del 2013 e va a giocare in prestito alla Sestese.
Lì dove trova una seconda famiglia (la prima vive a Bingerville, villaggio a sud della Costa d’Avorio) e comincia a capire di poter diventare un calciatore. Kouame non ha mai dimenticato chi ha creduto in lui fin da subito. Anche oggi non è raro trovarlo a cena alla Sestese o a scambiare quattro chiacchiere con i suoi amici. Il suo punto di riferimento oggi sono la compagna Kaely e il figlio Michael Joah. Ed anche in casa viola ha trovato chi ha creduto in lui ad occhi chiusi. Rocco Commisso, che il 30 agosto lo ha tolto dal mercato. Con il senno di poi viene da dire menomale. Lo scrive La Nazione.
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