C’è un’immagine che racconta Stefano Pioli meglio di mille parole: lui, in silenzio, che osserva i suoi ragazzi dopo la sconfitta di San Siro con l’Inter. Nessuna scenata, solo calma e sguardo dritto. L’esperienza in situazioni del genere, del resto, non gli manca visto che in più di vent’anni di carriera Pioli è stato l’allenatore che nelle difficoltà (anche le più atroci, come quelle derivate dalla scomparsa di Astori nel 2018) è riuscito sempre a misurare la propria forza.
Perché il suo percorso professionale è stato un lungo esercizio di resistenza, fatto di cadute e risalite. Fino, di fatto, dal suo debutto come allenatore alla Salernitana nel 2003, quando il tecnico ha imparato quanto fragile potesse essere la vita in panchina. Squadra modesta, stagione complicata ma nessun esonero: salvezza e credibilità conquistata sul campo. A Modena arrivò invece la prima lezione dura: esonerato e poi richiamato, un giro sulle montagne russe che lo temprò. Nella «sua» Parma, invece, nel 2006 la Serie A non perdonò: avvio negativo e addio a febbraio.
Ripartì da Grosseto e Piacenza, dove subentrò e ricompose situazioni disperate. La prima vera scossa mediatica arrivò a Palermo: estate 2011, eliminazione ai playoff di Europa League e licenziamento ancor prima dell’inizio del campionato. Anche in quel caso, però, Pioli non perse la calma e poche settimane dopo trovò casa a Bologna, dove rimase oltre due anni e seppe rilanciare la squadra fino all’inevitabile separazione del gennaio 2014. Alla Lazio, subito dopo, visse un ciclo intenso: un esordio brillante, il ritorno in Champions ma poi l’esonero dopo il derby perso 4-1 nel 2016. All’Inter la storia si ripeté: entusiasmo iniziale, crollo primaverile e addio a maggio 2017. Dopo il biennio di Firenze dove riuscì a salvare dal baratro una squadra atterrita che aveva perso il suo capitano, nell’ottobre 2019 fu chiamato alla guida di un Milan smarrito. Da traghettatore (Rangnick incombeva) diventò architetto di un progetto vincente e in pochi anni costruì un gruppo che nel 2022 tornò a vincere lo scudetto, resistendo a ogni burrasca.
In ventuno anni di carriera, dunque, Pioli ha conosciuto sei esoneri – Modena, Parma, Palermo, Bologna, Lazio e Inter – ma ha saputo uscire indenne da almeno sette crisi, trasformando così la precarietà in metodo. Dalla Salernitana al Milan, ha costruito un percorso che parla di equilibrio e tenacia, diventando un artigiano della pazienza. Ecco perché la nuova impresa da fare, oggi, si chiama Fiorentina. Lo riporta La Nazione.
