Impossibile non emozionarsi. Quando Gianmatteo Mareggini riguarda quella coreografia piena di sentimento con lo skyline di Firenze che splende di viola sulla Fiesole, va a finire sempre allo stesso modo: «Mi vengono i brividi». A Firenze tutti gli ricordano quel rigore parato a De Agostini dopo il rifiuto di Baggio a presentarsi sul dischetto: «Se a volte ci ripenso? Non c’è bisogno, mi ci fanno ripensare i tifosi ogni volta che li incontro, fu una giornata perfetta».
Mareggini, quell’aprile di 34 anni fa oggi sembra lontano anni luce… «Si creò un’atmosfera pazzesca, i tifosi ci trasmettevano un’energia incredibile e gridavano di gioia perfino ai nomi dei panchinari».
Oggi non è più così? «Lo stato d’animo è diverso, la situazione dello stadio è disagiata, il pubblico non incide. Ai miei tempi gli stadi erano sempre pieni, a prescindere dai risultati. Oggi invece il calcio si può seguire anche in tv e in generale il rapporto tra giocatori e tifosi è diverso. Nella settimana di Fiorentina-Juventus si aprivano gli allenamenti ai tifosi, ai campini c’erano sempre 4-5mila tifosi a caricare la squadra. Adesso i calciatori sono isolati, le emozioni che abbiamo vissuto noi sono irripetibili, ancora mi vengono i brividi se ripenso a quella coreografia…».
E Baggio si rifiutò di calciare il rigore, si presentò De Agostini e lei parò… «Baggio aveva troppe emozioni. Era d’accordo con l’allenatore: non avrebbe tirato lui, anche perché la Juve ne aveva diversi di tiratori…».
Se avesse tirato Baggio come sarebbe andata a finire? «Mi avrebbe segnato, sicuro». Come fa a dirlo? Perché poi è successo così». Quando? «Nel 2008 per il Borgonovo Day, davanti a un Franchi gremito. Baggio aveva un ginocchio rotto e indossava i mocassini. Ma lo convinsero a battere un rigore e mentre aveva la palla in mano mi disse: “Fammi segnare”. Gli risposi che non ci avrei pensato proprio. Fece tre passi, io intuì la direzione del tiro, ma lui aprì il piatto e la infilò nell’angolino».
Come si può uscire dalla crisi? «La squadra ha valori importanti ma la vedo impaurita. Il tifoso guarda quanto guadagnano i giocatori e non si capacita della classifica. Ma i gruppi vincenti non si comprano con i soldi. Mancano giocatori di personalità forte. Con Vanoli ho lavorato 3 anni in Nazionale: ha carattere, personalità, pretende tanto ma dà tantissimo».
La partita con la Juve potrà essere la svolta? «Sento che vedremo una Viola diversa. C’è più speranza che rassegnazione. Per noi nel 91’ fu davvero una svolta, ma quella squadra era partita per salvarsi e infatti lo fece alla penultima giornata. Oggi la squadra è più forte ma la situazione psicologica è più difficile, i giocatori devono calarsi nella parte»
