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La strana scalata di Marcello Nicchi, da arbitro disastroso e presuntuoso a capo di tutti gli arbitri

Firenze, stadio Artemio Franchi, 08.02.2020, Fiorentina-Atalanta, Foto Fiorenzo Sernacchioli. Copyright Labaroviola.com

Rassegna Stampa

La strana scalata di Marcello Nicchi, da arbitro disastroso e presuntuoso a capo di tutti gli arbitri

Redazione

11 Febbraio · 22:42

Aggiornamento: 11 Febbraio 2020 · 22:42

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Nel 2009 Marcello Nicchi diventa presidente nazionale AIA (associazione italiana arbitri). Sono passati tre anni da Calciopoli e a capo del movimento spunta un ex dal passato imbarazzante. Al termine della stagione ’96–’97 il designatore Casarin lo ferma dopo due incresciosi episodi di cui è protagonista: uno di bullismo puro (in Vicenza-Bologna 2-0 espelle Andersson del Bologna che a bordo campo chiede a Ulivieri di essere sostituito non ritenendosi tutelato dall’arbitro; Casarin ferma Nicchi per tre mesi), uno di inettitudine (in Perugia-Napoli 1-1, al rientro dopo la sospensione, convalida un gol di mano dal perugino Rapajc).

L’anno prima, in Sampdoria-Inter 0-0, Nicchi aveva ammonito per simulazione Mancini, atterrato invece da Pagliuca; Mancini aveva perso la testa, era stato espulso e aveva rimediato 6 giornate di squalifica.

Per Casarin, il modo di porsi nei confronti dei giocatori, che Nicchi prendeva di petto quasi sfidandoli, era inammissibile. Sipario, quindi.

DOMANDA: com’è possibile che un arbitro così discusso diventi presidente nazionale? Difficile dirlo.

Quel che è certo è che Nicchi fu il quarto uomo di Pierluigi Pairetto (il designatore radiato a Calciopoli per i rapporti con Moggi) nella finale europea ’96, Germania-R. Ceca 2-1: un buon amico insomma, e certo il figlio di Pairetto, Luca, con Nicchi a capo dell’AIA di strada ne ha fatta nonostante i continui pastrocchi (l’ultimo: i 7 ammoniti più un espulso della Roma nel 2-4 contro il Sassuolo).

Appena eletto, Nicchi porta all’AIA come suo vice Nicola Pisacreta e come capo del settore tecnico Alfredo Trentalange. Pisacreta è il guardalinee che nella più scandalosa partita di Calciopoli, Roma-Juventus 1-2, nel ’94–’95, fece convalidare il gol di Cannavaro segnato in fuorigioco e sostenne Racalbutonella concessione del rigore del 2-1 per un atterramento di Zalayeta avvenuto fuori area (“È fuori e nemmeno netto” disse Bergomi in telecronaca Sky, tuttora reperibile su Youtube). I due minuti di proteste di Totti e compagni non servirono.

In quanto a Trentalange, di Torino pure lui, era l’osservatore di Rocchi nella scabrosa partita Chievo–Lazio finita nel mirino degli investigatori. Il voto che diede a Rocchi fu alto e venne interrogato perché spiegasse. Curioso notare come Gianluca Rocchi, nell’organigram – ma AIA, figuri oggi come rappresentante degli arbitri; e come tra i responsabili degli Organi Tecnici ci sia Matteo Trefoloni, che era l’arbitro designato per la famosa Roma–Juve di cui sopra e che non se la sentì, e mandò un certificato medico per farsi sostituire, sapendo cosa lo aspettava.

“Posso affermare – disse Trefoloni all’interrogatorio – che sia Bergamo che la Fazi (designatore e segretaria, n.d.r.) svolgevano un’attività volta a determinare in noi arbitri una sudditanza psicologica che si traduceva poi a seconda delle partite da arbitrare in una gestione delle stesse in linea con il volere dei citati”.

Dopo Roma-Juve, il presidente Figc Carraro, che aveva chiesto un arbitraggio imparziale, chiamò Bergamo e disse: “Allora io non conto un cazzo!”. Oggi i telefoni tacciono.

Paolo Zuliani, il fatto Quotidiano

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