
Come scrive La Nazione questa mattina, l’esultanza di Nico Gonzalez dopo il gol contro il Sassuolo con la corsa e con la mano a stringere il giglio sul petto e l’altra a indicare il campo, a dire: «Io resto qui, questa è casa mia». Che differenza con l’ultimo fotogramma con il quale ci eravamo lasciati il 22 ottobre, quando dopo soli 8 minuti della gara con l’Inter era uscito malinconico dal campo lamentando un infortunio, con un sottofondo accennato di fischi a indicare un malessere crescente.
Aveva gli occhi umidi allora, è sembrato averli anche sabato. Solo che a ottobre era un luccichìo di amarezza, stavolta la certificazione di una gioia. Il segnale di una ripartenza? Di un nuovo inizio per una storia fin qui segnata più da delusioni che da cose buone? Chi lo sa. L’unica cosa certa è che Nico Gonzalez non è certo un giocatore qualunque nella rosa della Fiorentina. Nel bene e nel male. Ci fosse un misuratore di talento, lui probabilmente salirebbe sul podio dei tre più dotati nel parco viola. Un giocatore determinante non solo per le ammonizioni in serie che è in grado di procurare agli avversari ma per la capacità di lasciare il segno nella gara.
Lo raccontano bene le cifre: anche quest’anno pur non giocando praticamente mai, è lo stesso il vicecapocannoniere della squadra con i suoi 5 gol, 2 in campionato e 3 nelle coppe, compreso quello fondamentale con il Twente nel preliminare. Considerando che in campo ci è stato solo 404 minuti, la media gol non è banale: uno ogni 80 minuti. Allo stesso tempo, Gonzalez è per motivi diversi un giocatore crepuscolare, pieno di ombre e di malinconie, con infortuni in serie e atteggiamenti che non gli hanno fatto intercettare empatia. Come quando è sembrato relegare idealmente la Fiorentina a un piano troppo più basso rispetto alla voglia pur legittima che aveva di un Mondiale da protagonista. Attendendolo nelle sue lunghe assenze, Italiano nel suo ruolo ha trovato altre soluzioni. Per un buon tratto ha trovato Kouame, sorpresa d’inizio campionato.
Fino alla sosta Ikone, da oggetto misterioso qual era, stava proponendosi come ala destra prepotente. Ma oggettivamente Gonzalez là davanti sembra essere un’altra cosa. Il più letale nello sfidare a duello il marcatore avversario. Il più concreto nel creare la superiorità numerica. Sì, comunque la si pensi, vale la pena ipotizzare che quel gesto di Nico sabato sera, quel suo indicare il campo a dire «questa è casa mia», sia il segnale di una sfida che lui stesso vuol rilanciare. Perché per dare un senso a una stagione che per la Fiorentina si è fatta complicata va bene il gioco, va bene il 4-2-3-1, ma se non trovi chi salta l’uomo e chi poi la butta dentro non vai da nessuno da parte. A ribadire come nel calcio, da sempre, più della tattica conti il talento, più del possesso palla conti chi al momento giusto faccia gol, come raccontano bene anche le ultime con Monza e Sassuolo.
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