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I Della Valle vogliono lasciare la Fiorentina. Gli abbonamenti il segno che i tifosi non mollano la squadra

Rassegna Stampa

I Della Valle vogliono lasciare la Fiorentina. Gli abbonamenti il segno che i tifosi non mollano la squadra

Redazione

30 Luglio · 13:50

Aggiornamento: 30 Luglio 2018 · 13:50

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Non c’è mai stato amore tra Firenze e i Della Valle. In questi anni si sono sopportati, però mai capiti. Non c’è mai stata empatia. Una vera sinergia d’intenti. Due rette parallele ferme nelle proprie convinzioni. I Della Valle non hanno mai compreso perché questa città non fosse loro riconoscente. Loro, i paladini di un calcio diverso, alfieri del fair play finanziario, ambiziosi ma con moderazione. E la città, almeno una parte, non gli ha mai perdonato le promesse non mantenute, la strada senza sfondo in cui si è infilato il progetto viola. In fondo nemmeno quelli che contestano i contestatori sono davvero dalla parte dei Della Valle, perché l’unica ragione che sanno opporre gira sempre intorno alla stessa frase: «Ma se loro vanno via, chi ci compra?». Già.

Firenze è una città da emozioni forti, non da programmazione lenta. Ha bisogno di passione, coraggio, orgoglio. I Della Valle sono altro. I primi anni della loro avventura fiorentina volevano comprare una casa in centro, ma non lo hanno mai fatto. E non hanno mai frequentato davvero la città. Non la conoscono, tantomeno la capiscono. Anzi, considerano la maggior parte dei fiorentini più facoltosi degli “scrocconi”, sempre in fila per un biglietto gratis in tribuna al Franchi, però mai disposti a mettere un soldo per aiutare la Fiorentina. Sempre pronti a lamentarsi del “braccino corto” dei padroni viola, e mai disposti a mettersi in gioco. Una città di irriconoscenti, questo è Firenze per i Della Valle. Una società di “marchigiani ciabattini” (epiteto usato spesso in questi anni) questo è la Fiorentina (non la squadra, sia chiaro) per una bella fetta di città, che si è sempre schierata con gli allenatori e mai con la dirigenza, che si è sempre battuta per fare quel salto che non c’è mai stato, che ha vissuto di speranze, dell’idea che forse un giorno anche la Fiorentina avrebbe vinto qualcosa. Nel calcio conta solo questo.

Nel 2015, all’inaugurazione della mostra di David Bailey, “Sturdust”, al Pac di Milano, Diego Della Valle fu chiaro: «Per favore dica ai fiorentini che i soldi sono finiti».

Così, se Firenze deve fare i conti con un progetto che quest’anno punta al settimo posto (lo ha detto Andrea), i Della Valle si dovranno abituare a una città in larga parte non allineata e anche parecchio arrabbiata. Non sarà un anno facile questo, e chi pensava che il dramma di Astori potesse pacificare tutto, non conosce Firenze. Un conto è la squadra — e i 12mila abbonamenti già sottoscritti lo confermano — un’altra la società. Quella stessa società che con maldestra sincerità definì “clienti” i tifosi, e che ha fatto mille passi indietro e mai un vero passo avanti.

(…) Firenze non ha ancora lo stadio. Anzi, i Della Valle hanno fatto sapere che non rispetteranno la scadenza di fine anno, che il progetto definitivo lo presenteranno più in là. Quando fa comodo a loro, insomma. Nardella non l’ha presa bene. Affatto. Ma lo stadio è un progetto strategico per la città e per il suo sviluppo.

L’impressione, comunque, è che i prossimi mesi non saranno facili. I Della Valle stanno seriamente pensando di mollare, ma acquirenti non ce ne sono. Almeno per ora. E quindi si andrà avanti con questo tira e molla di rabbia e di accuse, come è stato negli ultimi dieci anni. E di quell’amore mai nato, oggi rimane solo tanta tristezza.

Giuseppe Calabrese, La Repubblica

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