
Nel ricordare quel Fiorentina – Benevento di tre anni ie mezzo fa, la prima partita senza Davide Astori abbiamo contattato lo speaker ufficiale dello stadio Franchi, ovvero Alessandro Capasso:
“Domenica quando mi appresterò a leggere le formazioni avrò un sussulto ripensando a quel giorno, alla prima domenica senza Davide, uomo sempre gentile ed educato che ci lasciò nel modo peggiore. In quella domenica mattina, quando tutti noi pensavamo alla formazione che avrebbe scelto Pioli per giocare contro l’Udinese..”.
“Nominai le formazioni senza enfasi, una sensazione veramente intensa. Il messaggio di saluto a Davide è stata la cosa più difficile da leggere in tutta la mia carriera da speaker, pensate lo faccio da oltre vent’anni. Lo stadio pieno di trentamila persone, non fece altro che amplificare quel dolore. Dalla partita seguente i tifosi reagirono allarmati dapprima quando non nominai Davide, salvo poi ricredersi quando lo feci al termine degli undici titolari. E con la maglia numero tredici, il capitano per sempre DAVIDE ASTORI..brividi”.

Da quanto tempo sei lo speaker della Fiorentina?
“Questo è l’ottavo anno che sono attivo, ricordo che ai tempi lavoravo all’Otel di Firenze, veniva spesso l’allora dirigente Sandro Mencucci mi propose per curare l’intrattenimento per la società viola, stadio compreso. Come facevo a dire di no al cuore?”
Raccontaci la tua giornata-tipo quando c’è la partita..
“Solitamente cerco di arrivare allo stadio due ore prima, non preparo nessun discorso. Cerco di assaporare l’aria che si respira attraverso i primi tifosi che riempiono lo stadio. Poi all’ultimo secondo decido l’impulso da trasmettere alla gente per caricarla alla partita. Con me ho un collaboratore, Dj Marasco che mi sostiene in tutto dagli annunci pubblicitari ecc. e ogni cosa fra noi è condivisa. Ho un incubo ricorrente dovuto al mio lavoro. Mi capita di svegliarmi la notte, dopo aver sognato di arrivare in ritardo allo stadio. Forse per quello decido di arrivare con un robusto anticipo (ride ndr.)”.

Hai stretto amicizia con i giocatori?
“Con loro ho sempre cercato di non avere troppi contatti, per evitare che mi potessero condizionare la domenica. Ricordo però un episodio con Simeone, lo incontrai a piedi in centro e salutandomi mi ordinò sorridendo: ‘Quando segno chiamami CHOLITO anziché Giovanni..”
Come vivi la partita al tempo del coronavirus?
“Oggi senza tifosi sembra un altro sport, siamo parte di un spettacolo senza la parte più influente. Giocare in casa o trasferta non ha più sapore. Io continuo nel mio lavoro come mi dice l’etica e come mi suggerisce la società. Come se ci fosse la Fiesole piena..”
Marco Collini