Tony Damascelli, sulle colonne de Il Giornale, è tornato sul duro sfogo di Edin Dzeko dopo Fiorentina-AEK, quando il bomber bosniaco aveva chiesto maggiore sostegno da parte dei tifosi gigliati nei momenti difficili.
Nel suo commento, il giornalista ricostruisce il percorso umano del giocatore: Dzeko, ricorda Damascelli, è un uomo temprato dalla vita, cresciuto nella Sarajevo devastata dalla guerra, costretto fin da piccolo ad abbandonare la propria casa. Una storia pesante, molto più dei problemi sportivi che la Fiorentina sta vivendo in Conference League. Eppure, sottolinea, il numero nove non si tira indietro e reagisce a modo suo: «Possiamo dire che facciamo cagare, non è un problema. Stiamo facendo male? Sì, è vero. Magari non ci meritiamo questa maglia? Va bene, magari è così, anche questo non è un problema. Ma quando gioco in casa vorrei che un tifoso mi aiutasse, non che mi fischia dopo ogni palla persa. Perché poi diventa difficile».
Damascelli, però, rilancia e allarga il discorso al tifo viola. Secondo lui, non si tratta solo di fischi: a Firenze, come in altre curve italiane, si va oltre, tra insulti, intimidazioni e perfino aggressioni. Per questo invita a una riflessione collettiva, a un cambio di passo, magari proprio partendo da Dzeko: “Se lo dice uno che ha giocato più di mille partite, bisogna credergli. Concordo, se si limitassero soltanto a fischiare, ma accade altro a Firenze e nelle avariate curve calcistiche, l’insulto, la minaccia, l’aggressione. Si potrebbe, una volta per tutte, fermarsi, ritirarsi, ci vorrebbe un’idea di coraggio. Provi Dzeko a fare il primo passo, ricordando che a Sarajevo a fischiare erano le bombe”.
