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Labaro viola: il mondo viola minuto per minuto
Dalla mano di Dio a nelle mani di Dio, quando Maradona mi fece innamorare di Baggio e della Fiorentina

Editoriali

Dalla mano di Dio a nelle mani di Dio, quando Maradona mi fece innamorare di Baggio e della Fiorentina

Francesco Pistola

26 Novembre · 11:09

Aggiornamento: 26 Novembre 2020 · 11:22

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Era una calda domenica di settembre, precisamente il 17 settembre 1989, avevo da poco compiuto 10 anni. Il sabato prima mio padre mi disse: domani ti porto al San Paolo, questa volta però ci vediamo tutta la partita”.

Eh si, perché io al San Paolo c’ero già stato, ma solo negli ultimi 15 minuti di un Napoli-Pisa di qualche anno prima, quando ti facevano entrare gratis ad un quarto d’ora dalla fine.

Quando il Napoli vinse il suo primo scudetto, io avevo 8 anni e naturalmente, festeggiai per le strade della città come tutti, non era solo la vittoria di una squadra, ma la vittoria di una città intera, contro lo strapotere rappresentato dalle squadre del nord.

Ero solo un bambino e non capivo ancora bene cosa fosse il calcio, conoscevo un solo giocatore, si chiamava Diego Armando Maradona. Ai quartieri spagnoli di Napoli dove sono nato e cresciuto, c’erano le sue immagini ovunque. In ogni vicolo della città c’era un suo murales o anche una semplice scritta sui muri, per ricordarti che Maradona era l’incarnazione perfetta di quel popolo, sempre sbeffeggiato ma pronto al riscatto in qualsiasi momento.

Quello che fece Maradona per la città di Napoli nel lontano 87′ riecheggia ancora oggi in quei vicoli che profumano di pizze fritte e contraddizioni.

Ma ritorniamo a quella domenica del 17 settembre 1989, erano passati alcuni anni dal primo scudetto, ed io morivo dalla voglia di andare allo stadio, per poter ammirare Maradona.

Facevo il tifo per il Napoli come tutti i bambini del mio quartiere, ma nel viaggio verso lo stadio sentii cose orrende sul conto di Diego. Nella metropolitana nessuno parlava di dribbling e di giocate sul campo, ma di come la notte Diego frequentasse il nostro quartiere per acquistare la droga.

Mi sentivo tradito, per noi bambini nati in quegli anni la droga era il male assoluto, spesso nei vicoli bui vedevamo ragazzi bucarsi, erano gli anni delle Mamme Coraggio un associazione nata per combattere e provare a fermare il fenomeno dell’ eroina nei giovani.

Associai l’immagine di quei ragazzi a quello che era stato il mio idolo calcistico, e ci rimasi davvero male, ma dovevo ricevere ancora la notizia più brutta, quella domenica Diego non avrebbe giocato, in quanto punito dal mister per i suoi comportamenti fuori dal campo di gioco.

Allo stadio vidi tanti striscioni contro il razzismo, e chiesi a mio padre cosa centrasse il razzismo con noi, visto che quello che avevo studiato a scuola parlava di odio razziale verso le persone di colore.

Mio padre mi rispose: “vedi il razzismo non è solo bianchi contro neri, ovunque andiamo in trasferta ci sono sempre cori contro noi napoletani, ma adesso goditi la partita e non ci pensare” .

Nonostante Diego partisse dalla panchina, lo stadio gli tributò cori e striscioni uno in particolare lo ricordo come se fosse adesso: ” Diego El Emperador do mundo”. Pensavo di poter assistere ad un evento unico nel suo genere, ma mi resi subito conto che almeno per i primi 45′ minuti non avrei potuto godere delle gesta di Diego, relegato in panchina.

Iniziò la partita ed i miei occhi anziché posarsi sui giocatori del Napoli vennero colpiti dalle movenze di un altro numero 10, Roberto Baggio.

Al 22′ minuto del primo tempo Baggio dribblò tutto il Napoli arbitro compreso e depositò in rete la palla dello 0-1. Fu amore a prima a vista.

Mi resi conto che non solo Maradona poteva fare un goal come quello visto e rivisto sui VHS contro l’Inghilterra, e capii in quel preciso momento che il numero 10 nel calcio era sinonimo di classe e genio.

Dopo appena 9′ minuti Baggio segnò su rigore e fu 0-2 per la Fiorentina. Il mio amore ormai debole per Diego si stava trasformando in profonda ammirazione per Baggio, e non solo, quei pantaloncini viola e le maglie che vidi qualche domenica dopo in Tv fecero scoccare dentro di me un amore improvviso per la Fiorentina.

Alla fine del primo tempo almeno 10.000 persone sulle 60.000 presenti abbandonarono lo stadio, e penso che anche io in quel momento ho abbondonato il tifo da bambino, per capire che ormai ero grande da poter scegliere da solo quale squadra tifare, senza dover necessariamente seguire gli amici ed una città intera, del resto, ero sempre stato un diverso nel mio quartiere.

Nel secondo tempo entra Diego, e la Fiorentina compie un altro gesto per sigillare quello che stava avvenendo nella mia mente.

Landucci para il rigore a Maradona! Sugli spalti partono parole di odio contro Diego, ma io anziché ascoltare quelle, ascolto un signore accanto a noi che dice che Landucci è il primo portiere che ha parato un rigore a Maradona.

Penso che in quel momento è stata la Fiorentina a scegliere me, e non il contrario.

Per il resto quelli della mia età sanno come si è conclusa quella partita, il rigore parato a Maradona è come se avesse acceso una scintilla nella testa dei giocatori del Napoli che chiuderanno quella partita addirittura sul 3-2 con auto gol di Pioli, goal di Careca e di Corradini in tuffo su assist di Diego.

Nel viaggio di ritorno, non credevo ancora a quello che avevo assistito, uno spettacolo unico.

Le partite con il ribaltone finale sono sempre le più belle, ma avevo qualcosa dentro da esternare, e cosi una volta arrivati a casa dissi a mio padre: “papà grazie per oggi, però io vorrei dirti una cosa senza che tu ti innervosisca, a me  è piaciuta più la Fiorentina, e da oggi tiferò per quella squadra Viola”.

Mio padre provò a farmi cambiare subito idea, alludendo al fatto che Baggio era si forte, ma non poteva essere mai ai livelli di Maradona, e che quelle brutte cose che avevo sentito in metropolitana non erano vere, ma io gli risposi tranquillamente, che la mia decisione non riguardava su ciò che avevo sentito su Maradona, ma era quello che avevo visto in Baggio e sopra tutto che quel colore viola, cosi diverso da tutte le altre squadre aveva fatto breccia nel mio cuore.

Mi liquidò dicendomi: “quando se ne andrà Baggio, cambierai idea”, ma poi arrivò Batistuta e cosa vuoi cambiare più.

Ero stato al San Paolo per cementare il tifo di un bambino verso il Napoli e Maradona, ma quella giornata diventai adulto calcisticamente, e fra i due 10 scelsi Baggio, e la Fiorentina.

Oggi voglio ricordare quel giorno, dopo la scomparsa di Diego, e dire che forse senza di lui e senza quella domenica, non sarei mai diventato tifoso viola.

Ecco Maradona per me è stato questo, le gesta negli occhi di un bambino dei quartieri di Napoli, e l’uomo che mi fece innamorare della mia squadra del cuore, la Fiorentina, un vero e proprio controsenso, cosi come è stata la vita del Pibe de Oro, un continuo controsenso, genio e sregolatezza, giocate e cadute.

Ciao Diego, salutami Davide.

Francesco Pistola

 

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