La Nazione questa mattina ci regala un bellissimo articolo su una storia di mercato della Fiorentina ai tempi della C2, erano gli anni post fallimento e della grande risalita:
“Eppure qualche numero doveva pur averlo, visto che da ragazzino, qualcuno (nel caso specifico Oreste Cinquini, all’epoca ds del Bologna) aveva deciso di volare in Svezia, bussare alle porte dell’Hammarby e portare il baby Bjorn Runstrom in Italia. Appunto a Bologna.
Cresce in rossoblù, l’attaccante, poi eccolo al Chievo. Prima – e qui entra in scena la Fiorentina, che poi era la Florentia Viola – della parentesi di Firenze. Parentesi in termine assoluto, ovvero segnata dalla soddisfazione per l’arrivo in una prima squadra importante (anche se da rilanciare partendo dalla C2) e la fine, qualche mese più tardi, senza rimpianti. Runstrom, del resto, era stato messo sotto contratto dalla Fiorentina con una sorta di… mandato indiretto.
La Fiorentina lo aveva prelevato dal Chievo per poi accontentare le richieste di un altro club svedese, il Djurgardens, che puntava forte sul giovane attaccante e che soprattutto (questo il vero fine dei dirigenti viola) era pronto a girare a Firenze, una stellina del calcio svedese, Kim Kallstrom. Tutto facile, dunque. Ma solo all’apparenza, perché l’operazione s’inceppò per un dettaglio tutt’altro che ininfluente.
Questo: Runstrom che in Italia si trovava benissimo mai e poi mai avrebbe accettato di tornare a giocare a casa sua, in Svezia e puntò i piedi. Decise di rispettare il contratto e mandò all’aria l’operazione. Il risultato? Runstrom in quella stagione 2003/2004 collezionò appena due presenze, mettendosi ai margini del gruppo e dello spogliatoio viola. Il finale? Tornò comunque in Svezia, all’Hammarby. Contro tutti e contro tutto. Forse anche contro se stesso.”
PARLA IL DIRETTORE SPORTIVO DELLO SHAKHTAR PARLA DI DODO